2011 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 6 agosto 2011
Quest’anno ha presieduto la nostra celebrazione don Sergio Blandino in sostituzione del Superiore Regionale Salesiano don Stefano Martoglio perché impedito, accanto a lui don Serafino Bunino, il padre marista Andrea Volonnino e don Giuseppe Capra. Abbiamo ricordato: Carlo Leone, nato a Torino il 22 dicembre 1964 e morto il 19 luglio 2010 durante la traversata del Lyskamm, lascia la mamma Emilia e il fratello Alessandro e la fidanzata Ivana, era tecnico informatico della IBM; Filippo Vaccino nato Torino il 18 luglio 1965 e morto il 19 luglio 2010 durante la traversata del Lyskamm e lascia la mamma Luciana, il papà dott. Paolo e il fratello Fabio, era consulente finanziario dell’Azimut; Mattia Verri di 35 anni di Borgosesia, travolto da una valanga l’8 dicembre 2010 presso il Colle della Malfatta (2900 m.), lascia la moglie dott.a Eleonora Gallarotti, la mamma Piera, i fratelli Andrea e Simone, il papà Giancarlo presidente della Camera di commercio di Vercelli; Silvano D’Atri nato il 25 maggio 1950 a Napoli, deceduto il 13 gennaio 2011 ad Alagna nel Vallone di Otro, lascia la moglie Anna Paola e le figlie Sara e Simona; Giuseppe Degaudenzi nato a Varallo il 20 settembre 1931 morto il 12 settembre 2010 durante gita del G.E.P. (Gruppo Escursionisti pensionati) lascia la moglie Efisia e il figlio Giulio.
Nel 10° anniversario della morte abbiamo ricordato: le guide di Macugnaga Lino Pirrone, Ernesto Fich e Pierino Jacchini, poi Paolo Re di Milano, Aldo Spaghetti della Valsusa, Leonardo Follis di Gressoney e Michele Fardo di Biella, e nel 25° anniversario Eleonora Torchio del villaggio La Marmora di Biella.
E ancora Emanuele Mosca, 65 anni di Graglia e Carlo Graziano 26 anni di Crescentino, travolti da una valanga sul Monte Camino il 6 marzo 2011.
Il primo ad arrivare è il presidente del C.A.I. di Varallo, dr. Carlo Raiteri, lo saluto, chiedo del papà Ovidio uno dei cofondatori del Soccorso Alpino Italiano e grande animatore delle tradizionali feste alpine. Arrivano come ogni anno come rappresentanza del Soccorso Alpino Guardia di Finanza: il brigadiere Fabio Loss (che ha varie precedenti partecipazioni) ed il finanziere Marco Mammarella. Vicinissimi all’altare i rappresentanti le famiglie dei caduti e i presidenti C.A.I. di Varallo Carlo Raiteri, di Biella Daniela Tomati e l’ex presidente di Varallo Giorgio Salina, le guide alpine Gian Pietro Viotti (che per la 45a volta partecipa alle nostre 45celebrazioni), Paolo Enzio, Maurizio Brentari, Sandro Borini (Boris) che rappresenta anche la famiglia di Mattia Verri: l’8 dicembre 2010 era presente all’incidente mortale che ha rapito Mattia. Il volto più luminoso è certo quello del cav. Agostino Negra che tra cinque giorni compirà 89 anni, è qui con la figlia Vilma ed il genero Orlando Fabris.
Altro volto che spicca commosso e luminoso è quello di Efisia, vedova di Giuseppe Degaudenzi: temeva di non farcela, anche stando alle previsioni metereologiche non favorevoli, invece è qui e presenterà la fiaccola del suo Giuseppe. Dalla Valsusa sono giunti a questa celebrazione con don Sergio Blandino, parroco di S. Antonino: Giovanni Votta, Vittorio Marchetto, Elisa Gallo Livio Gallo, Chiara Tessa, Jean Pier Davy, Erica Bossù, Marco Pent coi figli Ludovico e Lorenzo, Roberto Daghero, Italo Pent, Laura Girotto, Luigi Scuto, Monica Blandino e Paolo Morino; da Rosta don Serafino Bunino, Franco Balbo e Mario Dellai.
Intanto siamo in Capanna Gnifetti, poiché il maltempo ci costringe a celebrare nel salone del 1° piano del rifugio, per la terza volta (nel 1987 quando celebravamo i 20 anni della Cappella, presiedeva il Vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi, con un vento fortissimo, gelido (-8°) che non ci permise di celebrare all’aperto; nel 1998 quando presiedeva il Vescovo Aosta, mons. Giuseppe Anfossi e l’inclemenza del tempo ci obbligò nuovamente a celebrare in rifugio)
Dei cantori fedelissimi rimangono alcuni del “Coro Genzianella” del C.A.I. Biella guidati da Vittorio Lanza, animatore (che ci affida anche la memoria della nuora Debora di cui ricorre oggi il 7° anniversario della morte): Acquadro Wilmer, Pas Presidente del C.A.I. Biella, Tomati Daniela, attuale Presidente C.A.I. Biella, Blotto Sandro, Borrione, Brovarone Riccardo, Caldesi Vincenzo, Chiappetto Alfio, Feroggio Giovanni, Lanza Vittorio, Meneghello Francesca e Tonella Nadia; Italo Pent, della Valsusa affida la memoria di Angela Venturino.
All'offertorio si offrono le fiaccole dei caduti leggendo il profilo di ognuno:
Così lo presenta la mamma, Emilia Bertolotti: «Carlo Leone è nato a Torino il 22 dicembre1964 e caduto sul Lyskamm il 19 luglio 2010. Già fin da ragazzo ha iniziato ad amare la montagna e lo sci, perché entrambi gli sport gli davano la possibilità di espletare sia le ascensioni che lo sci-alpinismo. L'amicizia per lui era un sentimento profondo e ricambiato, perché la sua bontà e sincerità sono state riconosciute da tutti. Amava i grandi spazi e la scoperta del mondo con la sua compagna Ivana, legata a lui dagli stessi interessi e da un grande sentimento; tutti gli anni trascorrevano le vacanze sulle montagne del mondo: in Nepal, sulla cordigliera Andina in cerca di sempre nuovi orizzonti. Nel 2010, in preparazione alle vacanze che avrebbero trascorso in Pakistan alla base del K2 con l'amico Filippo, hanno deciso di compiere la traversata del Lyskamm sul Monte Rosa, e un fatale destino ha voluto che la montagna chiamasse a sé sia lui che Filippo, con immenso dolore per il cuore di una madre che non si rassegna e anche per il fratello Alessandro, pur pensando che lui sulla montagna ha raggiunto il suo ideale, lasciando un grande vuoto in tutti quelli che lo hanno conosciuto ed amato, e lo piangono perché non più presente».
La mamma di Filippo, Luciana, così ce lo affida: «Filippo Vaccino era nato a Torino il 18 luglio 1965 e caduto sul Lyskamm il 19 luglio 2010. Frequentò per otto anni l’istituto Rosmini, dove Padre Perzolli li abituò all'amore per la montagna e dove si fece amici che restarono tali per la vita. Il liceo al “GalFer"contribuì ad amicizie indissolubili. Laureato in Economia e Commercio fece una brillante carriera nel Finanziario, ma il suo amore era ed ha continuato ad essere la montagna. Bardonecchia, dove andavamo da quando era piccolo, fu la sua prima passione: lo sci d'inverno e le gite, le strade ferrate, le prime palestre di roccia d'estate. E salito alla capanna Gnifetti nel giorno del suo 45° compleanno che ha festeggiato con gli amici e compagni di scalate e con le guide. Ha lasciato nel peggiore dei dolori il papà Paolo, la mamma Luciana ed il fratello minore Fabio che adorava e dal quale era considerato guida ed esempio.
Vorremmo ricordarlo con una poesia che abbiamo ritrovato nella sua agenda:
“Non amare il florido ramo, / non mettere nel tuo cuore / la sua immagine sola; / esso avvizzisce: / ama l’albero intero, / così amerai il florido ramo, / la foglia tenera e la foglia morta, / il timido bocciolo ed il fiore aperto, / il petalo caduto e la cima ondeggiante, / lo splendido riflesso dell’Amore pieno. / Amala vita nella sua pienezza, / essa non conosce decadimento”». (anonimo)
Emanuele Mosca (65 anni) di Graglia e Carlo Graziano (26 anni) di Crescentino travolti da valanga sulla parete nord del monte Camino (m 2391) di Oropa la domenica 6 marzo 2011.
Silvano D'Atri, nato il 20 maggio1950 a Napoli e deceduto il 13 gennaio 2011 ad Alagna vallone di Otro: «Padre di due figlie, Sara (24 anni) e Simona (21 anni) e marito di Bortoluzzi Anna Paola. Trasferitosi dal Sud Italia al Nord per motivi di lavoro, Silvano ha abbandonato il suo mare e il caldo sole di Napoli. Era solo una decina d'anni che si era avvicinato alle montagne, ma in realtà fu subito amore. La montagna era in grado di trasmettergli quella serenità e quella libertà che aveva lasciato parecchi anni prima nella sua città natale. Il periodo in cui maggiormente amava le montagne era quello invernale, dove, a causa dei grandi freddi della Valsesia, i paesaggi assumevano un velo fatato, dove tutto lo scenario cambia trasformandosi in un'immensa distesa bianca, dove oltre alle sue orme non vi era traccia del passaggio di alcuno, uomo o animale che sia. Dando così l'impressione di essere arrivati in una zona incontaminata, dove neanche gli animali osano lasciar traccia per non deturpare quell'immagine fiabesca... Spesso raccontava della gioia provata nel raggiungere la vetta, nell’essere riuscito ad arrivare sempre un po' più in alto..., nell'essere arrivato oltre le nuvole... La montagna gli ha sempre regalato attimi di gioia e di condivisione con gli amici, ed è proprio così, tra le montagne e tra la compagnia di buoni amici, che Silvano ci ha lasciati, raggiungendo la vetta più alta e riuscendo così ad essere finalmente più in alto di tutto. Da lassù sicuramente veglierà su tutti gli amici, i parenti, i fratelli e la sorella, ma come sempre, avrà un occhio di riguardo per le amate figlie e per la metà del suo cuore, la moglie Paola»
Giuseppe Degaudenzi nato il 20 settembre1931 morto il 12 settembre 2010 di Varallo; ha amato la montagna sempre e sulla montagna ha chiuso la sua vita addormentandosi dolcemente come un bimbo tra le braccia e il cuore della sua mamma. La moglie Efisia ed il figlio Giulio ce lo affidano così: «Appassionato di montagna, da sempre. Sin da quando significava partire da Varallo, da casa a piedi e fare il giro "Monte Capio" e "Massa del Turlo", passando da Sabbia e tornando da Camasco alla sera. Oppure, usciti da scuola, caricarsi gli sci a spalla per raggiungere il prato dei Gerbidi (sopra il Sacro Monte di Varallo) per qualche discesa sulla scarsa neve ed in mezzo alle spine. Normale per quei tempi senza automobili. E poi montagna con gli amici degli anni ‘50, tra i quali Italo Grassi, con la famiglia negli anni ‘70 (quante valli, anche desolate, percorse insieme, dietro ai suoi passi), di nuovo con altri amici negli anni ‘90, il "G.E.P." (Gruppo Escursionisti Pensionati, a suo tempo promosso dal compianto Romano Tosi e da Elio Cerutti), e poi ancora, tante volte, fino all'ultimo suo giorno. Un andare in montagna per vedere, capire, fotografare, stare insieme, mai per "conquistare", mai con l'ansia di giungere in vetta. Da sempre la sua serenità, riservatezza, ma nel contempo amicizia calorosa, rispetto per la montagna e per tutti coloro che gli sono stati vicino. Esempio nel vivere non solo la montagna, ma la vita di tutti i giorni, esempio che non si è fermato in un bel bosco di larici, nel suo mese preferito, settembre, ma che continua a guidarci nella nostra vita, nel nostro percorso quotidiano».
Mattia Verri, nato il 20 marzo1975 caduto l’8 dicembre 2010, di Borgosesia; travolto da valanga l’8 dicembre 2010 a 2900 m. presso il Colle della Malfatta. La moglie Eleonora Gallarotti invia questo messaggio: «Mattia amava la montagna in tutte le sue forme; è stata la sua grande passione; era una persona semplice, e la sua semplicità derivava sicuramente da quell'amore per le vette che lo aveva portato ad apprezzare la vita in ogni sua sfaccettatura, costruendo legami ed amicizie forti e durature. Il miglior modo per descriverlo è leggere questo passo della Preghiera dell'escursionista e dell'alpinista a cui lui era affezionato: “...Rendi la montagna una scuola di vita per tutti i giovani che se ne innamorano; una scuola severa, ma onesta, solidale e generosa, capace di forgiare il loro carattere nelle difficoltà e di innalzare i loro ideali alle più elevate altezze, così da poter percorrere, nella piena consapevolezza delle loro potenzialità, i ben più ripidi ed ardui sentieri dell'esistenza umana”.
Con il suo sorriso sempre presente che lo contraddistingueva e che si illuminava al ritorno dalle sue gite, era capace di trasmettere la felicità e le emozioni provate in modo unico e coinvolgente, riuscendo a far accettare a noi famigliari il rischio della sua grande passione. Ora la nostalgia per lui accresce, come la nostra riconoscenza per l'amore datoci».
Si collega a noi spiritualmente il parroco di Gressoney don Ugo Casalegno con cui ho concelebrato il 26 luglio 2011 alla cappella settecentesca di S. Anna (2178 m.) dove è stata posta la targa di bronzo (90 x 50 cm.), disegnata dall’architetto Maria Giovanna Casagrande e realizzata dalle Fonderie Verres, riporta un messaggio, elaborato dal docente di filosofia classica all’Università Cattolica Carlo Mazzucchi, in latino classico, che traduciamo in italiano: «Giovanni Paolo II, ora annoverato tra i santi, guardando da qui, salendo da qui al vertice della montagna, avvertì il culmine di ogni esistenza».
Quest'anno, il 26 luglio, alla festa di S. Anna è stata cosa molto gradita la presenza del cardinale Tarcisio Bertone.
Altro collegamento ideale è con il presidente del Club Alpino Generale, Umberto Martini, che ho incontrato il 31 luglio 2011 al ricovero dell’Alpetto voluto da Quintino Sella nel 1866, come primo rifugio del C.A.I. e ora trasformato in “Museo degli Albori dell’Apinismo” e intitolato a Giacomo Priotto presidente generale dal 1980 al 1986, madrina è stata la gentile signora Lalla Priotto salita con i figli Gabriele e Tiziana; il Presidente ha scritto per noi questo messaggio : «Complimenti per il vostro continuo impegno. Grazie, Umberto Martini».
Nella foto di Giancarlo Menotti (sezione di Cavour) il gruppo dirigenti del CAI posa davanti al museo. Al centro il presidente generale Umberto Martini e la signora Lalla Priotto (Tratto da Lo Scarpone settembre 2011 pag 32).
Utilizziamo questo sito per comunicare che il 30 gennaio 2012 è salito al cielo il nostro amico Giovanni Borgini (nato il 22 aprile 1927), per 40 anni socio del C.A.I. di Novara. I funerali sono avvenuti il 2 febbraio 2012 nella parrocchia S. Giuseppe in Novara.
Ha partecipato alle nostre celebrazioni per almeno 30 anni, offrendo alle famiglie dei commemorati e a centinaia di partecipanti le sue caratteristiche riproduzioni della Cappella, del Cristo delle Vette, di stelle alpine e genziane incise con arte pirografica su trance di betulla ed ha pure costruito una stella alpina gigante in rame che dedicò ai caduti Ezio Camaschella e Guido Fuselli e che abbiamo posizionato nell'angolo della cappella sopra il leggio dove si trova il "Libro dei Caduti".
Alla sposa Elda le condolianze di noi tutti e un grande "grazie".
In suo onore e suffragio riportiamo il canto che gli era molto gradito e che è stato cantato anche al suo funerale:
“Dio del cielo, Signore delle cime
un nostro amico ha chiesto la Montagna...
Santa Maria Signora della neve,
copri col bianco, soffìce mantello
il nostro amico, il nostro fratello;
su nel Paradiso, su nel Paradiso
liascialo andare su per le sue Montagne”.
2010 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 7 agosto
Quest’anno presiede la nostra celebrazione don Ugo Casalegno parroco di Gressoney; ricordiamo: Armando Bruno, nato il 1° gennaio 1949 e morto il 13 agosto 2009 in seguito alla caduta in un crepaccio durante un’escursione sul Breithorn, ha lasciato la moglie Lidia e due figli, Marta e Daniele. Ha lavorato per trent’anni come chirurgo presso l’ospedale di Rivoli. Massimo Comotti, nato a Milano il 6 agosto 1965 e deceduto il 31 dicembre 2009 a Gressoney La Trinité, travolta da una valanga sopra S. Anna. Molto legato al mondo sci-alpinistico e Soccorso Alpino di Gressoney, lascia la compagna Cristina Vismara e la figlia Francesca; Gianni Lessona, 53 anni, nato a Varallo il 10 luglio 1956, socio e revisore dei conti del C.A.I. di Varallo, morto improvvisamente il 31 gennaio 2010 mentre faceva sci-alpinismo in Svizzera, è stato segretario comunale di Alagna, Riva Valdobbia, Crevacuore, Guardabosone, Varallo, Cameri e Oleggio, lascia la moglie Fiorenza e i figli Diana e Federico; Antonio Mariani, 54 anni, caduto in Valsassina il 7 febbraio 2010 travolto da una slavina, custode di un rifugio alpino e parente di una “capanat” della Gnifetti, lascia la sposa Laura e i figli Giada e Simone; ricordiamo il salesiano don Franco Delpiano che nel 1967 partecipò con entusiasmo alla nostra iniziativa come architetto, cinque anni dopo la costruzione della cappella morì di leucemia a 42 anni: vita breve, intensissima che gli ha meritato l’immortalità, non solo in cielo, ma anche in terra: sabato 5 giugno 2010 gli è stata dedicata una piazza in Torino;
Nel 10° anniversario della morte ricordiamo: dr. Giuseppe Cerra, di anni 65 farmacista in Borgosesia, caduto in alta Val Vogna il 17 maggio 2000; Alberto Vason, 51 anni, nato ad Arona il 24 giugno 1949, deceduto il 03 settembre 2000 al Corno Bianco, era socio del C.A.I. di Arona; Antonio Negroni, 61 anni, nato a Valduggia il 20 marzo 1939, deceduto il 7 agosto 2000 nell’alta Valle di Otro presso i laghetti di Tailly; era socio del C.A.I. di Varallo.
Ricordiamo anche Anna Maria Passello, 62 anni, di Vogogna e Gottardo Piana, 56 anni, di Loreglia, travolti da una frana la domenica 7 febbraio 2010 al ritorno dall’antico villaggio Salecchio (Valle Antigorio, in Ossola), dove un migliaio di persone aveva celebrato la tradizionale festa della “Candelora”: incontro secolare per il ritorno della luce dopo le ombre invernali. Il C.A.I. di Biella ci affida Ivaldo Guglielmetti, nato a Trecate il 17 marzo 1948 e deceduto alle Pale di S. Martino sentiero dei Cacciatori il 16 luglio 2006; gli amici della Val Susa ci affidano Bruno Ferrero, 49 anni di S. Antonino, morto per tumore il 15 luglio 2009: fu fedele per molti anni a questa celebrazione; lascia la moglie Barbara e la figlia Roberta. Attorno al parroco, don Ugo Casalegno, concelebrarono don Sergio Blandino venuto dalla Valsusa con 14 fedeli, il padre marista Andrea Valonnino e i salesiani don Gianni Moriondo e don Giuseppe Capra. Attorno, vicinissimi all’altare, i parenti dei commemorati: Lidia Vaira per il marito Armando Bruno; Cristina Vismara per Massimo Comotti; Fiorenza Tiramani e i figli Diana e Federico per Gianni Lessona; Sara Barbanti, direttrice di Capanna Gnifetti, cugina di Antonio Mariani; Paola Delpiano nipote dell’architetto don Franco; James Vason, nel 10° anniversario del papà Alberto; Stefano Chiesura per l’amico Ermanno Susa e gli altri caduti del 1985, nel 25° anniversario.
Rappresentano il C.A.I. di Gressoney il presidente Franz De la Pierre e il cugino Nicola; Mary Chiara Beuchod; le Guide di Alagna: Gian Piero Viotti, Paolo Enzio ; il maresciallo Alberto Rossi e l’appuntato Giuseppe Bosco deI Carabinieri; del C.N.G.F., il brigadiere Fabio Loss; il presidente Carlo Raiteri del C.A.I. di Varallo e l’ex presidente Giorgio Salina.
Il celebrante, don Ugo, ha scelto dal Vangelo l’episodio della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor e cita un felice pensiero del Papa PaoloVI (di cui ricorre il 32° anniversario della morte e fu il donatore della nostra Madonnina quando era arcivescovo di Milano) e dice: «Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo, è il miracolo che passa sui sentieri della nostra terra. Gesù è davvero l’unico, il buono, il santo. Se lo avessimo ad incontrare anche noi, se fossimo noi così privilegiati come Pietro, Giacomo e Giovanni! Ebbene, questa fortuna l’avremo. Non sarà sensibile come nella trasfigurazione luminosa, che ha colpito la vista e la mente degli apostoli; ma la sua realtà sarà largita anche a noi. Egli cammina davvero con noi sui sentieri della nostra storia, sui sentieri del nostro cuore, sentieri talvolta contorti, scoscesi, oscuri, perché il nostro cuore è ferito e la nostra mente offuscata. Ma il Signore, passando, tutto appiana ed illumina. È bello per noi stare qui, stare con te, su questo monte incandescente, il monte della preghiera, per assorbire la tua luce, diventare luce e poi irradiarla ovunque, anche nella “valle del pianto” dove pure dobbiamo sempre discendere per camminare accanto alla moltitudine dei nostri fratelli».
Il momento più emozionante della celebrazione è sempre la presentazione dei caduti con la lettura del loro profilo:
Armando Bruno; così la moglie sintetizza la sua vita: «Nato il 1° gennaio 1949 e morto il 13 agosto 2009, in seguito alla caduta in un crepaccio durante un'escursione sul Breithorn, ha lasciato la moglie Lidia e due figli, Daniele e Marta. Ha lavorato per trent' anni come chirurgo presso l'ospedale di Rivoli; andando in pensione a 58 anni, ha potuto realizzare un vecchio sogno: mettere la sua professionalità a disposizione di ospedali africani come volontario. Armando aveva una naturale sensibilità verso il mondo dei poveri, sapeva stare al loro fianco, rispettandone la sofferenza e la dignità; faceva parte della schiera di coloro che si impegnano per costruire un mondo più giusto, senza povertà. Ha collaborato con il CCM (Comitato Collaborazione Medica di Torino) in un progetto in Sudan e con i missionari del Cottolengo in Kenya. Ultimamente era molto coinvolto in un progetto sanitario a Fandana in Madagascar. Per Armando erano importanti la famiglia, l'amicizia e la solidarietà fra le persone, credeva che tutti siamo uguali e abbiamo gli stessi diritti, non importa dove siamo nati o da dove veniamo, e questi valori hanno caratterizzato la sua vita. Amava la natura in tutti i suoi aspetti e soprattutto la montagna; i suoi occhi si sono chiusi per l'ultima volta ammirando la bellezza del Monte Rosa, ed ora è qui con noi».
Massimo Comotti. Così lo presenta la sua famiglia: «Massimo, detto Mamo, nato a Milano il 06 agosto 1965 e deceduto il 31 dicembre 2009 a Gressoney La Trinité, travolto da una valanga sopra S. Anna. Da sette anni viveva a Porlezza (Como) e lavorava come architetto. Lascia la compagna Cristina, la figlia Francesca di sette anni, i genitori Maria ed Enrico e moltissimi amici. La montagna e lo sci erano le sue più grandi passioni. Faceva parte dei ragazzi del soccorso alpino di Gressoney. Attento e prudente, preparava le sue ascensioni con cura, tenendo conto delle condizioni meteo. Cristina vi rende partecipi della passione di Mamo attraverso le parole da lui scritte nel 1995:
“NEVICATA”
La neve che scende fine e leggera / mi ipnotizza / mi cattura gli occhi /e sono già nel mio mondo / dei sogni. / Un misterioso fluttuare / nell’aria / è questa nevicata. / Ogni fiocco / ogni più piccolo cristallo gelido / ad ognuno la sua parte / per il compimento / del disegno naturale. / La materia diventa immateriale / e il nulla si concretizza in te /“neve”. Mamo 1995 ».
Gianni Lessona, 53 anni nato a Varallo il 10 luglio 1956, socio e revisore dei conti del CAI di Varallo; morto improvvisamente il 31 gennaio 2010 mentre faceva sci-alpinismo in Svizzera. Ha lasciato la moglie Fiorenza e i figli Diana e Federico.
La moglie Fiorenza così lo presenta: «Inizia ad andare in montagna con Fiorenza ai tempi del liceo, consultando il Ravelli, come ogni buon valsesiano; quanti passi da allora, quante cartine, quante nuove guide e quanti amici, sì perché l’amicizia per lui era un sentimento di vitale importanza, chiunque incontrasse in montagna era già un amico, qualcuno con cui condividere quello che c’era nello zaino oltre che il panorama i canti e l’allegria. Se un amico rimaneva indietro, si fermava con lui e lo incoraggiava, perché era importante arrivare sulla vetta insieme e festeggiare con mille foto, circondati da tante altre cime, alcune ancora da salire. Aveva mille interessi, come le moto Guzzi o la fotografia, ma al primo posto metteva sempre la sua adorata Valle e la Montagna, dove il 31 gennaio 2010 in Svizzera, sul Piz Beverin, vicino a San Bernardino ci ha preceduto per un’altra avventura, come dice Sant’Agostino: è solo dall’altra parte della cresta più bella che abbia mai salito».
Il Rifugio Città di Mantova, delle Guide Alpine di Gressoney, si trova a 3.498 metri sul Ghiacciaio del Monte Rosa al Garstelet, a 150 metri di dislivello, rispetto a Capanna Gnifetti. È punto di partenza per le maggiori salite del Monte Rosa (Capanna Margherita, Piramide Vincent, Cristo delle Vette, Lyskamm, Dufour e il Col del Lys). Il nome è collegato ai quattro sciatori alpinisti del C.A.I. di Mantova: Sergio Donati, Giorgio Begnozzi, Ugo Scalori e Vincenzo Zanotti, morti per valanga al Naso del Lyskamm il 23 giugno 1978.
Grazie ad una importante ristrutturazione che ha avuto come obiettivo principale quello di migliorare il comfort dei clienti, il rifugio è ora dotato di servizi interni e di una sala con vista diretta sul ghiacciaio. Inaugurato nel 1984 dal C.A.I., sezione di Mantova. Il rifugio è stato ampliato nel 2009.
2009 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 1° agosto 2009
Quest’anno ha presieduto la nostra celebrazione il direttore della scuola salesiana in Valle d’Aosta (Chatillon), don Silvio Carlin, lui stesso valdostano di Valgrisenche, sostituendo il Superiore Regionale dei Salesiani in Piemonte e Valle d’Aosta don Stefano Martoglio impedito all’ultimo momento; sono stati ricordati: Hans Albert Mellwig tedesco, caduto il 6 agosto 2008 sul Naso del Lyskamm; Reginald William George Clarke inglese di 70 anni e Iohannes Ruiter, olandese di 47 anni, morti assiderati il 15 agosto 2008 sul ghiacciaio del Lys; Erminio Jacchini di anni 68 di Macugnaga, sposato con Aurora da cui i figli Katia e Giampiero, ha svolto attività di muratore per mestiere e di guida alpina per passione, negli ultimi anni pastore all’Alpe Capraga; Rosario Petralia nato il 22 giugno 1944 a Borgosesia e deceduto il 15 febbraio 2009 in Valle Artogna al ritorno dal controllo della sua “casera” (1500 mt.), dopo la grande quantità della neve caduta. Lascia la moglie Anna, la figlia Enrica, il genero Luciano Serra, i nipotini Federica e Filippo; Due fiaccole sono state presentate per due amici illustri della nostra manifestazione, a cui parteciparono con fedeltà dal 1987 al 2000: l’ing. Giacomo Priotto lascia la moglie Carla, il figlio Gabriele e la figlia Tiziana con le nipoti Giorgia e Barbara; il rag. Ferruccio Ferrario: l’ing. Giacomo Priotto di anni 80, morto a Gravellona l’8 ottobre 2008, è uno degli uomini che più hanno dato lustro al Club Alpino Italiano, di cui fu presidente generale dal 1980 al 1985, in prima linea nelle battaglie per la conservazione dei nostri rifugi, presidente e vice presidente del festival di Trento, alpinista e sci-alpinista appassionato; Ferruccio Ferrario, di 93 anni, lascia la moglie Adriana: con alcuni amici fondò nel 1945 la sezione di Baveno del C.A.I. e per 25 anni ne sarà il presidente. Dal 1983 al 1985 Revisore Centrale dei Conti e dal 1986 al 1988 Presidente del Collegio Centrale dei Revisori dei Conti. Nel 1990 verrà nominato Revisore dei Conti del Festival Internazionale di Trento.
Nel 10° anniversario della morte abbiamo ricordato: dott. Vittorio Rossi di Rescaldina, 57 anni, caduto sulla Cresta Battisti sopra Macugnaga il 7 agosto 1999; Oliviero Frachey, guida alpina di 71 anni di Champoluc; geom. Guido Fuselli, 78 anni, morto a Civiasco-Varallo il 29 agosto 1999 presidente della Sezione C.A.I. di Varallo dal 1980 al 1985; Francesco Ciapparelli, 21 anni, morto l’8 agosto 1999 sul sentiero Terzaghi al Pizzo Nero, presso il rifugio Zamboni; don Pietro Rota, 74 anni, deceduto a Torino Crocetta il 30 marzo 1999.
Cominciano ad arrivare gli amici più affezionati: la Guida Bruno Béthaz con il figlio Tierry, viene ad onorare la memoria del fratello Piero e degli altri 5 allievi-guida caduti il 17 settembre 1985 sulla parete sud-est del Lyskamm, che ci sovrasta; i ragazzi costruttori della Cappella sono rappresentati da Pier Giorgio Montarolo che vuole fare anche memoria del fratello Alberto, innamoratissimo della montagna e morto prematuramente nel 2003 e Mario Michela con i figli Abele, Roberta e Rocco; da Ornavasso giungono Angelo e Giulia Cucchi per ricordare il fratello Massimiliano e mamma Clelia Rimella per il figlio Francesco (caduti 1993); da Alagna giungono la guida emerita Giampiero Viotti che partecipa così, fedelissimo, per la 43a volta alla nostra celebrazione; del Soccorso Alpino Guardia di Finanza di Riva Valdobbia, sono presenti i brigadieri Fabio Loss e Palmino Deligia; l’ing. Alessandro Viotti (83 anni) di Buttigliera Alta (TO) è il decano dei partecipanti; da Rosta (TO) il dott. Franco Balbo, fedele ormai da molti anni, col gruppo dei Rostesi che non sono mai mancati fin dal 1967.
Risuona la Parola di Dio: «….. beata Colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore; allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore ….. ». Parla don Silvio: «Più che un’omelia sulla PAROLA ascoltata, che certamente vibra nel cuore di ciascuno con risonanze tipiche che in qualche modo saranno assaporate, vissute e anche trasmesse … Vorrei confidarvi che, come salesiano, sono salito quassù a ringraziare questa Madonna Salesiana, nata per ricordare il salesiano don Vesco, nata dal cuore di allievi ed ex-allievi salesiani, perché in questo anno 2009 la Congregazione Salesiana compie 150 anni di vita. Don Bosco si fidò di un piccolo gruppo di allievi più promettenti e diede vita, nel1859, ad una delle fondazioni che più hanno operato nel mondo per la formazione e la salvezza della gioventù e delle famiglie. In questa Cappella, la più alta d’Europa, mi è caro affidare a Maria Santissima, Madre e Maestra (come lo fu per don Bosco), tutta la gioventù d’Italia e d’Europa, perché non abbia paura di essere cristiana e di offrire al mondo uno spettacolo di cristiana civiltà, la civiltà “dell’Amore”».
Segue il momento particolarmente toccante dell’offerta delle fiaccole; la quarta è per l’ing. Giacomo Priotto di anni 80, nato il 26 febbraio 1928, morto a Gravellona l’8 ottobre 2008 lasciando la moglie Carla e i figli Gabriele e Tiziana. È uno degli uomini che più hanno dato lustro al Club Alpino Italiano, di cui fu presidente generale dal 1980 al 1985, in prima linea nelle battaglie per la conservazione dei nostri rifugi, presidente e vice presidente del festival di Trento, alpinista e sci-alpinista appassionato. Fra i tanti messaggi, che donò alle nostre celebrazioni, riportiamo quello del sabato 3 agosto 2002: «La prego di scusare la mia assenza portando il mio saluto cordiale a tutti, con un significato, se possibile, più profondo del solito, in questo Anno Internazionale delle Montagne. Tra chi “è andato avanti sulle montagne del Cielo”, il mio commosso affettuoso ricordo è rivolto soprattutto a Renato Andorno con cui ho condiviso gioie e fatiche dal 1979, specialmente nella splendida traversata sci-alpinista delle Alpi, or sono vent’anni, ed a Pierino Iacchini con cui ho camminato e sciato per quarant’anni a Macugnaga. Auspico che il costante, sereno e affettuoso ricordo di tutti questi amici, nostri e della montagna, serva a dare significato profondo e prezioso a questo 2002, Anno delle Montagne, rendendo migliore l’Uomo nella meravigliosa essenza della Montagna. Con il mio cordiale saluto...».
La sesta fiaccola è per coloro di cui ricorre il 10° anniversario della morte; viene presentata dai tre amici di Francesco Ciapparelli: Pietro Vecchio, Stefano Catalano e Emanuele Gualla, riportano un pensiero-preghiera dei genitori dell’amico, Franca e Flavio: «Tanti sono i titoli della Madonna. / Madonna dei Ghiacciai, / Aiuto dei Cristiani. / Maria aiutaci a ringraziare Gesù / per i figli che ci hai donato, / ti affidiamo la nostra vita e il nostro amore, / perché non muoia mai. / Che i giorni di gioia, non si trasformino / in indifferenza verso le povertà del mondo. / Che i giorni di sofferenza, / facciano crescere il nostro amore. / Gesù che sei la Verità, donaci di generare sempre nuova vita. / Amen». Sempre gli stessi amici, compagni di liceo di Francesco, hanno scritto questa preghiera che lascia trasparire anche l’anelito del loro cuore: «Per le persone che quotidianamente rispondono al comandamento d’amore di Gesù, perché lo sguardo amorevole di Dio, la protezione di Maria e l’esempio di S. Francesco rinvigoriscano il loro Spirito, allietino le loro fatiche, li rendano pronti e costanti nella loro missione».
Il decano ing. Viotti ama ricordare il suo amico Luciano Ghigo, scomparso nel novembre 2008 a 82 anni, prestigioso responsabile del CISDAE (Centro Studi e Documentazione Alpinismo Extraeuropeo). Per la grandezza del suo valore alpinistico, basti ricordare la prima assoluta della est del Gran Capucin con Valter Bonatti.
Ricordiamo anche lo scalatore del K2 (31 luglio 1954), Achille Compagnoni, che si è spento, a 94 anni, all’ospedale di Aosta il 13 maggio 2009.
Abbiamo un ricordo anche per i tre francesi caduti il 17 luglio 2009, mentre compivano la traversata del Castore, partiti dal rifugio “Guide di Ayas” Lambronecca, con tempo non troppo favorevole, una tempesta li ha colpiti al Felick e sono caduti in un seracco. Don Carlin prega: «Notre Dame des Glaciers, nous vous confions les âmes des alpinistes français tombés avec leur guide au Castore le 17 juillet 2009».
Come socio del Club Alpino Italiano di Cuneo, mia terra natale, mi è caro anche ricordare il grande alpinista cuneese Matteo Campia che pochi giorni fa si è spento a 97 anni. Ai suoi funerali parteciparono tanti alpinisti ed amici, tra cui il Presidente generale del C.A.I. Annibale Salsa, così lo salutò: «Caro Matteo riposa in pace tra le montagne nostre della Granda ed accogli il mio ultimo saluto d'amico sincero ed affezionato, insieme con il saluto di tutti soci ed amici della montagna. Campia fu nominato socio onorario del CAI nel '96, e la sua laudatio fu letta allora dall'accademico triestino Spiro Dalla Porta Xidias che ricorda l'amico scomparso con queste parole: "Troppo spesso ignorato perché modesto e schivo. Perché ha salito montagne, scalato pareti,aperto vie nuove non alla facile ricerca di riconoscimenti ufficiali, ma per intima passione. L’autentico valore non si misura con articoli di giornali o con interviste televisive. Ma attinge alle più alte vette; quelle della bontà e dell’elevazione spirituale”».
Don Sergio Blandino della Valsusa, inviato dalla Madonna del Rocciamelone dice: «Ringrazio naturalmente anch’io tutti, ringrazio il Signore di essere qui presente insieme a Sua Madre e nostra Madre Maria; poi vorrei soltanto far notare a tutti che oggi con noi abbiamo anche un pezzo di Abruzzo, perché a S. Antonino stiamo ospitando da alcune settimane gli amici abruzzesi che hanno avuto la casa distrutta dal terremoto e due sono tra noi: Domenico e Maurizio fotografi; dal Gran Sasso al Monte Rosa».
Il tragitto verso il Passo dei Salati ci obbliga a passare presso l’altare massiccio costruito con macigni non squadrati, benedetto ed inaugurato da don Carlo Elgo, parroco di Alagna, il 9 agosto 2002. È intitolato a Santa Barbara e ”Ai Minatori delle Alpi” a quota 3162, e giustificato dall’esistenza fin dal 1785 della Capanna Vincent, poco a valle del colle superiore delle Pisse, ricovero per i minatori che sulle strapiombanti pareti dello Stollemberg, perforando profonde gallerie s’impegnarono nell’improbo e faticoso lavoro dell’estrazione dell’oro in quelle che vennero riconosciute come le miniere a più alta quota sulle Alpi. È stato voluto dalla Commissione “Montagna Antica - Montagna da Salvare”, guidata dal suo presidente Piero Velatta.
Capanna Vincent è stata restaurata per salvarla dal crollo; porta il nome di Nicolas Vincent di Gressoney e dopo di lui del figlio Jean Nicolas che qui organizzarono lo scavo di queste miniere.
Alcuni di questi minatori assieme ai loro datori di lavoro, furono anche i primi salitori del Monte Rosa nel 1778 fino alle Rocce della Scoperta presso il colle del Lys, nel 1819 fino alla vetta dell’attuale Piramide Vincent, nel 1820 fino a cima Zumstein (che ritenevano la più elevata del massiccio), poi nel 1821-1822 …
Martedì 3 novembre a Cuneo si è spento un altro grande amico della montagna e della nostra celebrazione, il prof. Umberto Boella; avrebbe compiuto 100 anni l’11 gennaio prossimo. È stato uno dei più illustri latinisti e grecisti del XX secolo; l’ultima partecipazione alla nostra celebrazione avvenne nel 1990, quando aveva 80 anni e ancora volle salire al Colle del Lys.
Giacomo Priotto di anni 80, nato il 26 febbraio 1928, morto a Gravellona l’8 ottobre 2008 lasciando la moglie Carla e i figli Gabriele e Tiziana. È uno degli uomini che più hanno dato lustro al Club Alpino Italiano, di cui fu presidente generale dal 1980 al 1985, in prima linea nelle battaglie per la conservazione dei nostri rifugi, presidente e vice presidente del festival di Trento, alpinista e sci-alpinista appassionato. Fra i tanti messaggi, che donò alle nostre celebrazioni, riportiamo quello del sabato 3 agosto 2002:
«La prego di scusare la mia assenza portando il mio saluto cordiale a tutti, con un significato, se possibile, più profondo del solito, in questo Anno Internazionale delle Montagne. Tra chi “è andato avanti sulle montagne del Cielo”, il mio commosso affettuoso ricordo è rivolto soprattutto a Renato Andorno con cui ho condiviso gioie e fatiche dal 1979, specialmente nella splendida traversata sci-alpinista delle Alpi, or sono vent’anni, ed a Pierino Iacchini con cui ho camminato e sciato per quarant’anni a Macugnaga. Auspico che il costante, sereno e affettuoso ricordo di tutti questi amici, nostri e della montagna, serva a dare significato profondo e prezioso a questo 2002, Anno delle Montagne, rendendo migliore l’Uomo nella meravigliosa essenza della Montagna. Con il mio cordiale saluto...».
Rag. Ferruccio Ferrario, nato a Baveno il 2 ottobre 1915, morto il 4 novembre 2008, sposato nel 1945 con Adriana con cui condivise il grande amore alla montagna; con alcuni amici fondò nel 1945 la sezione di Baveno del C.A.I. e per 25 anni ne sarà il presidente. Dal 1983 al 1985 Revisore Centrale dei Conti e dal 1986 all'88 Presidente del Collegio Centrale dei Revisori dei Conti. Nel 1990 verrà nominato Revisore dei Conti del Festival Internazionale di Trento. Riportiamo il messaggio poetico che mi mandò il 19 dicembre 1997.
IL MIO TEMPIO
Il mio tempio è lassù o Signore! / Nascosto tra pinnacoli di ghiaccio, / tra pareti di roccia.
E sulle cime / delle Tue montagne / una Croce m’indica la via.
Il tepore di una balma / nelle notti di stelle mi scalda /come un incantato Presepe.
Il sole all’alba / rosso / sorge dalle creste
come un’Ostia Consacrata / che sale verso l’infinito / spinta da cento mani invisibili.
Mentre la osanna il vento / cantando tra gli abeti / e il ruscello sussurra una preghiera.
Il mio tempio è lassù... / tra i silenzi... / ai confini del cielo.
Ivaldo Guglielminetti
del C.A.I. di Biella, nato a Trecate il 17 marzo 1948 e deceduto alle Pale di S. Martino, Sentiero dei Cacciatori il 16 luglio 2006.
"Ricordatemi così"
Gli amici del C.A.I.
2008 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 2 agosto
Quest’anno ha presieduto la nostra celebrazione il parroco di Alagna e del Monte Rosa, don Carlo Elgo, e sono stati ricordati: Ermanno Vercelli 65 anni di Cavallirio (NO), caduto sul Monte Carnera il 1° luglio 2007. I familiari lo hanno ricordato così: «Ermanno Vercelli, è mancato prematuramente mentre coltivava la sua passione: la montagna l’aveva nel sangue, era come una “malattia” e fin da giovane non ha mai smesso di andarci; forse facciamo prima a menzionare le vette del circondario su cui non sia passato. Ma ogni grande amore ha il suo prezzo e rischio e, morire facendo quello che si ama, è forse un desiderio inconscio, nel profondo del proprio essere. Alexander Skarsby (32 anni, di nazionalità svedese) deceduto sul ghiacciaio del Lys il 28 marzo 2008; Marietta Brecht (49 anni, di nazionalità tedesca) deceduta presso Capanna Margherita il 24 luglio 2007; Augusto Saltritti del C.A.I. di Gallarate, deceduto sul Monte Rosa il 7 settembre 1975: parenti ed amici chiedono per lui una fiaccola commemorativa. Nel 10° anniversario della morte abbiamo ricordato: Remo Spataro, 59 anni, era responsabile tecnico del “Monterosa Ski”. Gabriele Beuchod, 38 anni, guida alpina di Gressoney deceduto il 12/08/1998 colpito da un fulmine mentre saliva al Cervino poco oltre il rifugio Oriondè. Mauro Ferla medico, 40 anni di Trivero. Lidia Sommacal, 41 anni, farmacista in Crusinallo di Omegna. Tullio Vidoni nel 20° della sua scomparsa. Di Macugnaga: la guida Gildo Burgener, caduto sulla Dufour cinquanta anni fa. La guida Luciano Bettineschi autore di molte importanti ascensioni e morto 25 anni fa. Ettore Zapparoli scomparso sulla est del Monte Rosa nell’agosto 1951, i cui resti mortali ritrovati sono stati tumulati al cimitero di Macugnaga il 14-06-2008.
Don Carlo ci parla della Madonna e della Divina Consolazione e forza che sa donare ai suoi figli nel momento della prova … io mi abbandono al ricordo delle testimonianze che ho sentito e mi convinco che un cuore materno è anche stato trasmesso a don Carlo dalla nostra Madonnina: quante mamme hanno ricevuto l’abbraccio di don Carlo, hanno sentito le sue lacrime scendere e fondersi con le loro lacrime, hanno ricevuto da questo cuore sacerdotale il primo conforto di fronte ai corpi martoriati dei loro cari, portati a valle dal Soccorso Alpino presso la cappella “Mater Montis Rosæ” al Col d’Olen o accanto alla chiesa parrocchiale di Alagna, nel piccolo cimitero. È un racconto che tante volte in questi quarant’anni di storia della nostra Cappella mi sono sentito ripetere dalle famiglie dei Caduti.
Mentre è innalzata la fiaccola risuona il profilo: «Aldo Negra, di anni 80 deceduto il 25/06/08, socio e membro della commissione dei punti d’appoggio del C.A.I. di Varallo. Insieme al fratello Agostino ha partecipato alla rostruzione di Capanna Gnifetti e Margherita, del Balmenhorn, Rifugio Pastore e di altri punti d’appoggio dove ha dimostrato la propria professionalità e fedeltà alle tradizioni e cultura delle nostre vallate.Così i familiari lo salutano: “Caro Aldo, la lealtà, la sincerità e l’amore hanno contraddistinto tutta la tua vita, gli affetti, il lavoro. Sei stato uno stupendo esempio per noi. Qui su questo ghiacciaio, assaporiamo la tua presenza e il tuo amore per la vita. Grazie, ciao Aldo”».
Aldo Negra, assieme al fratello Agostino, ha dato il meglio di se stesso, quale artista-artigiano del legno, nella realizzazione in pratica di quanto Carlin Milone progettava con i disegni. Non è facile ricordare con quanta dedizione il Geom. Carlo Milone ed Aldo Negra, mancati nel corso di quest'anno, abbiano contribuito alla sezione di Varallo del CAI, con particolare riferimento alla realizzazione ed alla cura e manutenzione dei propri rifugi alpini. Il Geom. Carlo Milone ha progettato e diretto i lavori dei vari interventi alla Capanna Gnifetti, fino all'ultimo importante ampliamento del 1967; poi l’importante intervento al rifugio F. Pastore all'alpe Pile, per giungere finalmente al rifacimento della Capanna Margherita, inaugurata nel 1980. Carlin Milone, spronato da Gianni Pastore, Presidente della Sezione di Varallo, e da Giacomo Priotto, Presidente Generale del C.A.I., ha avuto il coraggio di mettere mano a quello che era indubbiamente un difficile progetto; perché di coraggio si è veramente trattato, dovendosi procedere al rifacimento di una struttura sulla più alta vetta italiana del Monte Rosa, del rifugio più alto d'Europa, di proprietà del C.A.I. nazionale. (Tratto dal "Notiziario CAI Varallo" anno 22° - dicembre 2008).
Martedì 26 agosto i due pezzi maggiori della statua del "Cristo delle Vette" restaurato, vengono portati in elicottero al Balmenhorn (4168 m.); alle cinque la testa dal rifugio Città di Mantova viene portata a capanna Gnifetti sulla stessa portantina su cui era discesa il 9 settembre 2007 e di lì su slitte con traino degli alpini raggiunge il Balmenhorn dove la statua viene rimontata.
Sabato 30 agosto partendo dal rifugio Mantova, dove hanno pernottato, salgono a piedi in vescovo mons. Giuseppe Anfossi, Augusto Rollandin presidente della Giunta Regionale, Alberto Cerise presidente del Consiglio Valle accompagnati dalle guide: Felicino Nicolino, Bruno Welf, Arnoldo Welf e Davide Camisasca; la giornata è bellissima, abbacinante lo splendore del Monte Rosa.
Il vescovo, contemplando la nostra patria ed il mondo dall’alto del Monte Rosa così dice: «Coloro che hanno voluto la statua e poi l’hanno disegnata, costruita e portata quassù sul Balmenhorn, finita la seconda guerra modiale con il suo strascico di guerra civile, non vollero cantare la vittoria degli eserciti, ma il ritorno della pace. Da oggi guardando la statua del Cristo che brilla quando il sole nasce e tramonta, dobbiamo ogni volta dire di nuovo il nostro “no” alla guerra e alla violenza. Essa, però, altro ci insegna ancora: penso al viaggio di questa scultura tra noi per farsi nuovamente bella; posso immaginarla come una curiosa osservatrice: ci ha guardati da vicino, dopo 52 anni, ed ha visto quanto siamo cambiati, visto il nostro benessere, ma anche una certa fatica di vivere dovuta alla mancanza di ideali, ad una vita che corre molto, ma troppo in piano … senza vette, dove raramente si accende la sciltilla della vera gioia perché non ci può essere gioia senza conquista, senza vita impegnata, gratuita elevatezza di aspirazioni e preghiera».
Domenica 31 agosto celebrazione a vasta partecipazione popolare in onore del “Cristo delle Vette” organizzata sul balcone dei prati e alpeggi di S. Anna (2172 m.); sono presenti autorità civili con i gonfaloni della Valle d’Aosta e del comune di Gressoney la Trinité, rappresentanze di guide di Gressoney, di Ayas, di Alagna; saluto diverse guide che conosco, in particolare Giampiero Viotti di Alagna con la moglie Rina, Andrea Enzio con papà Alberto, mamma Maria e zia Enrica che rivestono l’antico costume alagnese; danno inizio alla celebrazione i “Corni della montagna” (Alphorn) suonati dai maestri Yon Renato, Stefano Viola e Walter Chenuil, del gruppo “Walser Blaskapelle” (i fiati della Comunità Walser). Celebrano attorno al vescovo, mons. Giuseppe Anfossi, il parroco don Ugo Casalegno, don Flavio Bredy parroco della Cattedrale di Aosta, i Salesiani don Giovanni Moriondo, don Giuseppe Terzuolo e don Giuseppe Capra, mentre è impegnato nelle confessioni don Michele Magnani, cappellano degli Alpini e Guardie di Finanza. Anima la funzione il coro di S. Orso di Aosta.
Mons. Giuseppe Anfossi così parla nell’omelia: «La parola che più ricorre in questi giorni è “benedizione”! Ieri è stata benedetta la statua del Cristo delle Vette e la liturgia di oggi, idealmente collegata ad essa, è ancora “benedizione”. Andiamo, oltre la statua, a Cristo Gesù: è lui la benedizione vivente, massima e definitiva! È lui la benedizione del Padre! È passato tra di noi facendo del bene a tutti, ai piccoli, ai deboli, ai malati e ai poveri. Assiso alla destra del Padre, dopo aver sofferto tradimento, passione e morte, ci è vicino e ci benedice comunicandoci la sua parola e accogliendo ciò che di vero in noi: è la nostra vita che si fa preghiera. Vale per le relazioni, gli affetti, il lavoro e il temkpo libero; vale per ogni sport di montagna e per l’alpinismo. La statua del Cristo ritornata in vetta, può essere interpretata come il simbolo di questo culto offerto attrverso i corpi e le vite di chi, amando Dio e il prossimo, percorre la montagna o si misura con essa».
Il nutrito gruppo di pellegrini della Valle Susa che ogni anno sono fedeli a questo nostro pellegrinaggio alla Madonna dei Ghiacciai, specialmente dal 1999 in cui abbiamo fatto il gemellaggio con la Madonna del Rocciamelone, ci invitano il 1° settembre prossimo a celebrare con loro il 650° anno della prima salita alla loro montagna, la più alta vetta della Valle Susa (3538 m.); lassù il cavaliere Bonifacio Rotario adempiendo un voto, fatto durante la prigionia, aveva portato e collocato in una grotta-cappella, sotto il masso terminale della vetta, ritenuta allora inaccessibile, il trittico, ora conservato nel Duomo di Susa. Il prezioso cimelio (riprodotto qui a fianco) reca in fondo la scritta latina che traduciamo in italiano: «Qui mi portò Bonifacio Rotario, cittadino di Asti, in onore del Signore nostro Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine, nell’anno del Signore 1358, il giorno 1° di settembre».
Il 1° settembre 2008 è stata una giornata impegnativa: variata da neve, grandine e anche squarci di sole e tuttavia ha raccolto la notevole partecipazione di pellegrini devoti, esperti della staoria del Rocciamelone. Ha celebrato mons. Renato Boccardo, nativo della Valsusa, vescovo del governatorato Vaticano, con lui don Sergio Blandino parroco di S. Antonino e don Gianluca Popolla di Venaus.
2007 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 5 agosto 2007
Giungono, come ogni anno quassù, guardie d’onore alla nostra celebrazione membri del Soccorso Alpino Guardie di Finanza: da Macugnaga, Francesco Villa e Stefano Riga; da Riva Valdobbia, Rolando Sperandio, Paolo Della Valentina e Fabio Loss; del C.A.I. di Varallo, l’ex presidente Giorgio Salina, il cav. Agostino Negra (85 anni), decano dei convenuti, falegname ricostruttore di Capanna Gnifetti e Capanna Margherita, con lui la figlia Vilma, il genero Orlando ed il figlio Andrea, la guida Gian Piero Viotti di Alagna da quarant’anni fedele.
Portano il messaggio del parroco, don Ugo Casalegno e rappresentano la comunità di Gressoney il decano delle guide Villy Monterin (82 anni), Mary Chiara Beuchod con la figlia Marta, Nicola De La Pierre, Carla Angster col marito Gino è salita per ricordare il fratello Jose, guida alpina e maestro di sci, nel 10° anno della morte. Altro anziano, fedele da molti anni è l’ing. Alessandro Viotti (81 anni) di Buttigliera Alta, venuto con gli amici Rostesi Franco Balbo, Mario Dellai con la figlia Franca, Franco Chianale, Ilaria, Omar e Lorenzo Rosso. Altre presenze significative sono il papà Enzo e la sorella Bernardetta per ricordare il 10° anniversario di Maurizio Maggioni di Quarona.
Viene il momento solenne e commovente dell’offerta delle fiaccole, simbolo di vite legate per sempre al Monte Rosa, alla sua Madonnina e al Cristo delle Vette: di Marco Veniani, 45 anni di Verbania, della sezione del C.A.I. di Pallanza caduto sulla Nordend l’8 giugno 2006; di Monica Bandiera, 34 anni di Parabiago, caduta in un crepaccio sul ghiacciaio del Lys; di Luciano Colli, di 59 anni di Ayas, guida alpina come il papà e i fratelli Marco e Livio. Del cav. Enrico Chiara, 87 anni, direttore per 30 anni di Capanna Gnifetti, fedele per quarant’anni (fino al 5 agosto 2006) alla celebrazione della Madonna dei Ghiacciai in questa Cappella, morto ad Alagna il 6 febbraio 2007; di Biagio Frachey, che il 23 luglio 2006 si spegneva a Champoluc a 86 anni, ultimo dei quattro famosi fratelli guide alpine (Ernesto 1913, Luigi 1915, Biagio 1920, Oliviero 1928), figli della guida alpina Giovanni Battista; di Giorgio Premazzi, caduto in un crepaccio del Lys, a 25 anni, durante un’ascensione solitaria il 16 giugno 1973, il ghiacciaio lo ha restituito nel 1999,è stato riconosciuto nel 2007, e seppellito a Gressoney La Trinité.
Accanto a don Silvio Carlin, due giovani salesiani, sacerdoti novelli che amano la montagna e vengono a ringraziare la Madonna e il Cristo delle Vette per il raggiunto sacerdozio: don Elio Cesari, di Bologna e don Ugo Brusamolino, di Canonica d’Adda (BG); altri due sacerdoti salesiani: don Millo Segafredo (30 anni di sacerdozio) e don Giuseppe Capra (43 anni di sacerdozio).
Ringraziamo, per la riparazione del muro di sostegno, il cav. Fulgido Tabone, Italo Pent, Piero Pistoletto, Guido e Marco Giorda, amici della Valsusa
Così don Silvio ricorda quella giornata: «Quanta gente! Ma da dove sono spuntati, come hanno fatto ad arrivare a tempo? Alcuni chiedono ancora di confessarsi, sentono il bisogno di riconciliarsi con il buon Dio: è la grazia che compie miracoli, è la Madonna che li ha convocati a questo appuntamento. E’ bello essere prete e poter dare il perdono del Signore anche a queste altezze e ridare serenità e speranza ad una persona».
Con un po’ di ritardo si inizia la Concelebrazione. La corale si introduce con un bel canto che si diffonde nello spazio sottostante e crea un clima di preghiera. Il cielo è limpido e il sole brilla ma il forte vento sferza tutti e minaccia di portare via ogni cosa se non tenuta ferma da sassi.
Cav. Enrico Chiara, 87 anni, fedele per quarant’anni (fino al 5 agosto 2006) alla celebrazione della Madonna dei Ghiacciai in questa Cappella; morto ad Alagna il 30 gennaio 2007. Così lo presentano i suoi familiari: «Nato il 22 marzo 1919, terzogenito di un’affermata guida alpina; fin dall’infanzia segue il padre Giuseppe e da lui apprende l’amore per la montagna. A soli dodici anni (1931) compie la sua prima ascensione da Alagna sino alla Capanna Osservatorio Regina Margherita, accompagnato dal papà, che lo lascerà circa tre anni dopo proprio in un’ascensione sul Lyskamm Orientale. Successivamente sarà provato anche dalla morte prematura del fratello Joccu, che perderà in circostanze misteriose, sempre in montagna, nei pressi del ghiacciaio del Grenz (aprile 1945), ma niente sminuisce la sua passione per la montagna che viene, anzi, rafforzata diventando la sua principale occupazione.
A partire dal 1941, infatti, percorrerà tutte le tappe della carriera alpinistica diventando, prima portatore, poi guida alpina e istruttore ai corsi nazionali per guide alpine e portatori, nonché capo guida e responsabile del Soccorso Alpino e, parallelamente, maestro di sci e per ben venticinque anni consecutivi del Rifugio Gnifetti, con una dedizione che ancor oggi viene portato ad esempio per le nuove generazioni: una scelta di vita che lo costringerà a lunghe assenze dall’ambito familiare, che però non gli impedirà di dimostrarsi un padre esemplare, sempre premuroso verso i figli ed in ultimo un nonno affettuoso, che ha saputo trasmettere e lasciare in eredità l’amore ed il rispetto per le sue montagne».
Luciano Colli, di 59 anni di Ayas, guida alpina come il papà e i fratelli Marco e Livio. Guida Alpina nel 1973 ed in seguito istruttore ai corsi Guida, istruttore del Soccorso Alpino Valdostano membro del consiglio direttivo dell’ UVGAM e Presidente della Società Guide Champoluc-Ayas. Ha percorso, le più significative salite del Monte Bianco, del Monte Rosa e del Cervino, delle Alpi Svizzere, nelle Dolomite e del Bernina. Nel 1980 con la Società Guide di Champoluc-Ayas ha partecipato alla spedizione in Nepal al Churen Himal 7300 mt; è stato con i suoi clienti in Nepal, in India e sulle montagne dell‘Hoggar e dell‘Etiopia.
Biagio Frachey, che il 23 luglio 2006 si spegneva a Champoluc a 86 anni, ultimo dei quattro famosi fratelli guide alpine (Ernesto 1913, Luigi 1915, Biagio 1920, Oliviero 1928), figli della guida alpina Giovanni Battista. Scrive la figlia Annamaria: «Del mio papà cosa raccontarvi?: è nato ad Ayas, regione Bernosin, a monte di S. Jaques il 13 marzo 1920, quinto di undici fratelli, una vita dura di stenti e di difficoltà; ma con la grazia di Dio crebbero tutti alti e robusti e divennero guide molto presto. Passarono gli anni duri della guerra a conoscere bene la montagna: oltre che i turisti e lo scambio commerciale, portò con i suoi fratelli in Svizzera molti perseguitati politici, evitando il colle del Teodulo sorvegliato dalle S.S.; il ghiacciaio era insidioso, la notte incuteva timore, ma le comitive riuscirono sempre a passare, senza la più piccola disgrazia».
9 settembre 2007 la comunità di Gressoney La Trinité accoglie il ritorno a valle, per il restauro, del volto bronzeo del Cristo delle Vette, portato a spalle da 4 anziani alpini che 52 anni prima l’avevano portato lassù.
L ’ing. Giorgio Tiraboschi, Presidente attuale del Club Alpino Italiano, Sezione di Varallo Sesia, in armonia con i suoi predecessori, non potendo partecipare alla celebrazione del 40° anno della Cappella ha inviato questo messaggio: «E’ con grande piacere e viva commozione che ho riletto gli atti che nell’agosto e settembre del 1968 hanno legato l’Istituto Salesiano Valsalice e la Sezione di Varallo del Club Alpino Italiano. Infatti in quell’anno, dopo la realizzazione della Cappella costruita nei pressi della capanna Gnifetti nel mese di luglio del 1967, il Direttore Sac. Prof. Don Ludovico Zanella ne ha ceduto la proprietà alla nostra Sezione CAI. Allora come oggi ci siamo impegnati a custodire e conservare, immutata nello spirito e nelle finalità secondo cui è stata costruita, la Cappella dedicata al ricordo imperituro di Don Aristide Vesco e a tutti i Caduti del Monte Rosa è diventata un centro di richiamo spirituale per tutti gli alpinisti che vedono nelle montagne un elemento di elevazione verso il loro Creatore.
E con grande rispetto e devozione vorrei ricordare una preghiera a me molto cara: “Signore, conducimi dall’illusione alla verità, dalle tenebre alla luce, dalla morte all’immortalità”. A don Giuseppe Capra, animatore appassionato ed instancabile dell ‘ opera , esprimo la più viva riconoscenza del CAI Varallo».
Il dott. Giorgio Salina ci offre questa poesia in dialetto valsesiano.
“Madonna dal Giassêe”
Da quarantagn, fra ‘l Garstelet e ‘l Lys,
‘t vardi i curdai che passu avanti e ‘ndrè;
t’ei par lor an segnal ca’l benediss,
Capela dla Madonna dal Giassêe.
Ti ‘t cunservi ‘l ricord da chi, sal Rosa,
si ciümi dl’Infinì l’è stacc ciamà
e ‘l sö spirit ancöi qui ‘l riposa
‘nt la fiamma d’una lüm, sl’ Altar posà.
I sun rivà anca st’ann sal tö balcun
a godi ‘l panurama di giassei,
a pruvêe ‘n cor cull sentiment d’uniun
ca’n fa senti, ‘n muntagna, tuic fradei.
E, pensand a j’amis ch’in nai avanti,
i vugg ancôo dl’Enrico la figüra,
che a la Gnifetti agn l’è fa’nu tanti,
fedel gestor dal CAI, guida sicüra.
‘L surrid a don Giuseppe, salesian,
a vugghi tanta gent sü qui a preghêe.
T’ei segn ad pas, ‘d fidücia ‘nt’al duman,
Capella dla Madonna dal Giassêe.
Giors
Mentre salutiamo questa sfida agli "8000" ci hanno lasciato le guide alpine e i membri del Soccorso Alpino Guardia di Finanza, affidiamo loro le nostre felicitazioni per il loro commilitone Silvio Mondinelli (molte volte partecipò a questa celebrazione) che ha concluso la sua corsa ai “14 ottomila” del mondo. Dal numero di settembre 2007 della rivista “Lo Scarpone” leggiamo: «Con la salita del 12 luglio 2007, al Broad Peak, Silvio “Gnaro” Mondinelli è diventato il secondo italiano ed il sesto al mondo ad aver salito tutti e 14 gli “ottomila” della terra senza ossigeno… mentre Fabio Iacchini, guida di Macugnaga, è al suo primo“ottomila”.Particolare importante. Soccorritore e alpinista dalla grinta proverbiale, in più occasioni Gnaro non ha esitato ad affrontare rischi ulteriori a quelli già compresi nella propria personale salita per salvare alpinisti in difficoltà… «Vi chiederete che cosa provo , visto che ho finalmente concluso la mia corsa agli ottomila… Il sentimento dominante non è stato di felicità, ma di malinconia per tutte le persone che durante il lungo periodo che mi ha visto impegnato in questa sfida degli ottomila ci hanno lasciato».
2006 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 5 agosto 2006
Erano presenti figure significative: Il (neo) Senatore Michele Davico di Bra, fin da ragazzo affezionato alla Cappella e al Monte Rosa, che ha offerto una targa commemorativa del Senato della Repubblica da apporre vicino alla statua della Madonna, anche come riconoscimento, da parte della nostra patria, al merito di don Vesco, esimio educatore e scrittore; del C.A.I. era presente il Vice Presidente di Varallo Roberto Cairo e l’istruttore Luciano Donato della Scuola d’Alpinismo di Varallo; di Alagna, le Guide Alpine: il cav. Enrico Chiara (87 anni) e Gian Piero Viotti; assente per la prima volta il cav. Agostino Negra, ricostruttore di Capanna Gnifetti e Margherita, ma è presente la figlia Wilma col marito Orlando ed il loro figlio Andrea sedicenne; di Ayas Champoluc le guide Mauro Cout e Stefano Percino; di Gressoney le guide alpine Bruno Welf e Paolo Comune; del Soccorso Alpino: in rappresentanza l’ottava delegazione di Valsesia – Valsessera; di Varallo Dario Baggini; di Macugnaga Walter Berardi, Marco Martin, Eugenio Morandi e Fausto Lanti; della Guardia di Finanza Soccorso Alpino di Rivavaldobbia Rolando Sperandio, Paolo Dallavalentina e Fabio Loss; il Gestore del Rifugio Gnifetti Piero Gilodi. Dei ragazzi costruttori: Beppe Bordone e Mario Michela con la moglie Gabriella.
L’animazione dei canti è ancora affidata a cantori di “Cori Biellesi”. A presiedere la celebrazione quest’anno è stato don Giovanni Mazzali del Consiglio Generale della Congregazione Salesiana, concelebrante don Paolo Cicconi di Vigevano.
Le fiaccole sono legate ai nomi di: Beppe Tonello, 70 anni di Cuneo; della dottoressa Paola Bianchi, 39 anni di Varese; di Massimiliano Lana, 28 anni, socio del C.A.I. di Varallo, volontario del Soccorso Alpino Valsesiano; di Gabriele Gioacchini, 23 anni di Scopello, deceduto per un gesto generoso il 15-12-2005 in Argentina nel Rio Mendoza; di Alex Mancin, 29 anni di Novara; della guida Paolo Obert, 40 anni di Antagnod-Ayas, era vicepresidente della Società guide di Champoluc-Ayas, direttore della stazione di Soccorso di Champoluc-Ayas; di Antonio Lenzi, 52 anni di Macugnaga, membro del Soccorso Alpino Unità Cinofile; di Simone Ronco, 17 anni di Issime, colpito dal fulmine nel vallone di S. Grato il 10 luglio 2005; e di don Aristide Vesco nel 40° anno della morte.
Parete frontale della Cappella: guardando, a sinistra la Madonnina dei Ghiacciai, già dono a Capanna Gnifetti del Card. G.B. Montini divenuto poi Papa Paolo VI°. A destra la preghiera riprodotta sulle cartoline. Dall’altra parte la Madonna del Rocciamelone (Gemellaggio del 1999). Sotto, i due compatroni degli alpinisti: S. Bernardo di Aosta e Pier Giorgio Frassati. In orizzontale una grande stella alpina fatta col rame che rivestiva l’antica Capanna Margherita (opera di Giovanni Borgini). Sotto il volume “ai Caduti del Monte Rosa”, a fianco il cero. Al centro della parete il “Logo” dell’Anno Santo 2000 scolpito dal cav. Agostino Negra. Sopra il bronzo del Cristo delle Vette per il 50° della statua (già opera di Tacconet). Il crocifisso di Luigi Meynet è appeso al terzo travetto sopra l’altare. A sinistra l’artistica incisione di don Bosco su legno, fatto al pirografo da suor A. Maria Griffa, con l’augurio simil autografo del santo: «La Santa Vergine ci benedica e ci aiuti a camminare per la via del Cielo». Attorno al don Bosco una corona del S. Rosario.
Don Mazzali ricorda così l’emozionante giornata del sabato 5 agosto: «Ho invitato tutti,specie coloro che sono venuti con “la ferita” ancora aperta per la prematura dipartita dei loro cari, a lasciarsi prendere dalla carica spirituale della montagna, impervia e meravigliosa al contempo, per sentire più vicina, più sperimentabile la presenza di Dio che è amore. Una parola di conforto, di elevazione e di proiezione verso le mete infinite di una vita che continua nel Cristo Risorto. Ho sentito molta partecipazione, uno stringersi fisico di tutti attorno all’altare del sacrificio di Gesù, sotto lo sguardo materno di Maria, la Madonna dei Ghiacciai, mentre la neve gelida avvolgeva persone e cose. Sono stato edificato dalla presenza di tante persone, in una giornata non certo ideale, dal punto di vista del clima. Ho percepito la fede e l’emozione di chi è venuto, forse anche con grande fatica,a ricordare e pregare».
Dott.ssa Paola Bianchi, 39 anni di Varese morta il 7 marzo 2005 presso il Passo dei Salati. Ed ecco il profilo tracciato dal padre Silvio: «Mia figlia Paola è stata grande in tutte le attività che ha effettuate nella sua breve ma intensa vita. Laureata in Medicina e Chirurgia, specialista in Odontostomatologia con il massimo dei voti, esercitava la sua professione con grande passione ottenendo successo professionale e stima presso tutti i suoi pazienti e amici. Aveva grande amore per la montagna e appena la sua professione le concedeva un po' di tempo, andava nella sua casa di Gressoney dove organizzava trekking o sciate sul Monte Rosa con i suoi amici. Ha girato tutto il mondo accompagnandomi spesso nelle spedizioni di caccia in Alaska, Canada, Yukon dimostrando un enorme coraggio e un grande senso di avventura in mezzo a pericoli di ogni tipo. Bravissima sugli sci, si stava allenando con scrupolosa dedizione per fare il Canale Marinelli e il suo sogno più grande era di entrare nella ristretta cerchia delle grandi sciatrici di "estremo". Incantava tutti gli amici, raccontando le sue scalate sulle pareti e sulle cascate di ghiaccio di Cogne, trasmettendo a tutti e soprattutto alla sua amica Claudia Giordani il suo amore per la montagna. Paola ha lasciato a tutti quelli che la conoscevano e soprattutto a me un vuoto impossibile da colmare...... Ciao Paola..... Il tuo Papà che non ti dimenticherà mai.......».
Massimiliano Lana 28 anni, socio del C.A.I.di Varallo, volontario del Soccorso Alpino Valsesiano, istruttore regionale di sci-alpinismo, morto l’8 gennaio 2006 sulle montagne di Briançon. Partecipò a gestione di Capanna Gnifetti. Di lui ricordiamo ancora: grandi occhi azzurri ed il sorriso contagioso, era il ritratto della gioia di vivere. Amò le montagne del mondo e i poveri delle loro valli. I genitori Bruno e Gabriella dicono: «Massimiliano ci ha regalato, in 28 anni, sempre cose positive, difficili da dimenticare... Il suo ricordo bellissimo ci darà sempre la forza di continuare a vivere come lui voleva: con il sorriso sulle labbra». Nel funerale a Valduggia don Carlo Elgo così lo presentò: «La sua vita dev’essere d’esempio per tutti... Anche se il suo percorso su questa terra è stato breve, dobbiamo ringraziarlo per quanto ci ha dato e ci ha insegnato. Il suo spirito rimarrà, soprattutto in voi giovani che lo avete amato. Ora che hai raggiunto la vetta più bella, Massimiliano, rivolgi uno sguardo, in particolare verso i tuoi genitori, a tutti gli amici, a tutta la nostra comunità e a tutti noi che siamo in cammino».
Gabriele Gioacchini, 23 anni di Scopello, deceduto per un gesto generoso il 15-12-2005 in Argentina nel Rio Mendoza, mentre portava in salvo quattro turisti caduti dal gommone col quale stavano praticando il “rafting”. Amò lo sport: praticò ciclismo, superò l’esame di aspirante guida fluviale, fu aiuto gestore di Capanna Gnifetti.
Diceva: «Con lo sport imparo ad affrontare la fatica, aiuta la mia mente, se riesco in queste cose non mi fanno paura le difficoltà che posso incontrare nella vita e poi sono... libero». I genitori, Cristina e Romano così ci scrivono: «Il dolore è ancora forte, ma il pensiero di poterlo rivedere un giorno e di saperlo verso quella immensa luce, ci conforta un po’».
Alex Mancin 29 anni di Novara, deceduto il 15-1-2006 sciando a Cimalegna. I genitori Carlo e Chiara ed il fratello Nicholas ce lo descrivono così: «Amante della montagna e dei valori della vita, dedicava ogni suo attimo di tempo libero allo sport e alla natura. Ha fatto il militare negli Alpini; da lì nasce la sua passione per la montagna e lo sport in generale.»
Ecco il profilo scelto dalla fidanzata Sabrina: «Amava la montagna: l’importante era essere su quelle vette dove diceva di trovare la pace e la serenità. Sperava che il Paradiso fosse come la montagna e noi tutti ci auguriamo, per la sua felicità, che sia davvero così».
Antonio Lenzi, 52 anni di Macugnaga, membro del Soccorso Alpino Unità Cinofile morto improvvisamente l’11 dicembre 2005, lascia la moglie Daniela e la figlia Martina e tutti i suoi cari. Così lo ricorda la moglie Daniela: «Ci hai lasciato in un tardo pomeriggio di dicembre ai piedi di un grosso larice, nel bosco vicino a casa che tanto amavi e con questo ti vogliamo ricordare, a caccia con i tuoi amici, a funghi con la figlia, impegnato con il tuo cane da valanga Rolf, assieme ai tuoi compagni cinofili e tutti i componenti delSoccorso Alpino di Borgosesia ed i ragazzi del S.A.G.F.».
Paolo Obert, 40 anni di Antagnod, la guida alpina che ha perso la vita in un incidente avvenuto il 17-8-2005 sul Monte Bianco. Obert era vicepresidente della Società guide di Champoluc-Ayas, direttore della stazione di Soccorso di Champoluc-Ayas, turnista per il Soccorso alla Protezione Civile di Aosta, consigliere dell’Uvgam (Unione Valdostana guide di alta montagna), direttore di pista nella stagione invernale per la “Monterosaski” a Champoluc. Aveva partecipato con Adriano Favre (attuale capo Soccorso Alpino) a tre spedizioni in Himalaya, conquistando ben due Ottomila, il Manaslu (8156 mt.) nel 1997 e il Shisha Pangma (8013 my.) nel 1999. Infine, nel 2000 aveva scalato lo Huascaran nella Cordillera Blanca sulle Ande Peruviane.
La moglie Paola Battistin ci lascia questo ricordo: «La montagna cha hai tanto amato, in un limpido mattino di agosto, ti ha strappato troppo presto all’affetto di chi ha avuto la fortuna e la gioia di incontrarti. La lealtà, la sincerità e l’amore hanno contraddistinto tutta la tua vita, gli affetti ed il lavoro e sei stato uno stupendo esempio di ciò che è un padre, un marito, un amico, una guida, un grande uomo. In ogni vetta, all’alba e al tramonto, sui tuoi ghiacciai assaporiamo la tua presenza, il tuo amore per la vita, per i tuoi cari, per il piccolo Marco. Ed è proprio in lui, nei suoi grandi occhi, che ti vediamo in mezzo a noi. Continua ad illuminare il nostro cammino».
2005 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 6 agosto 2005
Il tempo meteorologico ci ha favoriti per la prima celebrazione e ci ha “selezionati” per la seconda. Sono salito il 5 agosto con amici della Valsusa che la Madonna del Rocciamelone ha legato in cordata con la mia vita ormai da molti anni: Italo Pent, Maria Adele e Pierangelo Pettigiani; da Punta Indren in su il ghiacciaio si è presentato molto agevole, nessun crepaccio aperto, ma arrivati sotto la Gnifetti, ecco la sorpresa di due scale in ferro infisse verticali, che dimostrano quanto il ghiacciaio si stia abbassando in questi anni.
Le rocce attorno a Capanna Gnifetti stanno liberandosi, sotto il sole, dell’abbondante coltre di neve caduta coi temporali dei giorni scorsi; per prima cosa impugniamo le due pale da neve in dotazione alla Cappella e quelle che ci imprestano i Caponat, diretti da Piero Gilodi, e invitiamo gli alpinisti che subito collaborano a spalare con noi la neve del piazzalino e attorno alla Cappella.
Attorno all’altare si sono via via raccolti i parenti ed amici dei commemorati. Si notano volti da sempre familiari a questa celebrazione: la guida alpina G. Piero Viotti di Alagna, la guida cav. Enrico Chiara (86 anni) con le pronipoti Monica e Chiara e il cav. Agostino Negra (81 anni). Il Soccorso Alpino Guardia di Finanza è rappresentato dal capitano Alessandro Pellegrini, dal maresciallo Sergio Bressan, dai brigadieri Palmino Deligia e Silvio Mondinelli, che lo scorso anno salutavamo sul K2, l’ottomila italiano nel 50o della prima ascensione e dal finanziere Davide Recruccolo.
Il C.A.I. di Varallo è rappresentato dal vice presidente dott. Carlo Raiteri; al presidente Giorgio Tiraboschi presentiamo le nostre sentite e fraterne condoglianze per la perdita improvvisa della consorte Rosa Maria. Il C.A.I. di Gressoney è rappresentato dal presidente dott. Franz De La Pierre, dal decano delle guide Willy Monterin (80 anni) ed amici di Oreste Squinobal, il fratello Arturo con la moglie Franca, il figlio Emil, la sorella Ada, e nipoti.
Concelebrano i sacerdoti don Remo Baudrocco, don Angelo Cerruti, don Millo Segafredo, e don Giuseppe Capra che presiede in sostituzione di don Paolo Ripa Di Meana. Vengono presentate le fiaccole di: Luigi Gandolfo 59 anni di Nizza Monferrato; di Antonio Costa, 60 anni di Mosso (BI); di Giovanni Paolo Casanova 49 anni di Rosta, caduto col parapendio al passo della Bettolina; di Luciano Antonioli 58 anni di Gozzano; della guida di Gressoney Oreste Squinobal; di Alfredo Bai, scultore del Cristo delle Vette, nel 50° anno della statua, e animatore e di tutti gli amici defunti del Cristo delle Vette, la fiaccola è presentata dalla guida alpina di Gressoney Willy Monterin.
La guida Arturo Squinobal offre la fiaccola di suo fratello Oreste e dice: «Un anno fa mio fratello Oreste era molto ammalato; da molti mesi era colpito da un tumore alla colonna vertebrale. Eravamo molto legati. Un giorno guardando il Lyskamm, dalla camera del suo chalet in legno, mi diceva: “Non piangere Arturo, non piangere, nella vita ne abbiamo combinate di tutti i colori e ad un certo punto bisogna poi anche accontentarsi!” Era di una serenità incredibile».
Oreste Squinobal, 61 anni, di Gressoney St. Jean, morto il 9 settembre 2004. Oreste aveva costituito col fratello Arturo una cordata tra le più preparate e affiatate d’Europa, negli anni dal 1970 al 1980.
Falegnami e atleti di primissimo piano avevano realizzato le prime invernali alla Sud del Cervino (1971), alla Cresta integrale di Peuterey al Monte Bianco (1972), il “Trofeo Mezzalama” (1975) col fratello Renzo. Infine Oreste salì senza ossigneo nel 1982 il Kachenjiunga. Ha detto: «...attraverso lo sport in montagna ho imparato a educare il mio corpo, e insieme la volontà e l’intelligenza che mi sarebbero serviti per riuscire anche nella vita; ho imparato il valore del sacrificio, della preparazione fisica, della sofferenza nel resistere al freddo e alla fatica, per arrivare all’appagamento che dà la realizzazione di un’impresa nella quale impegni tutto te stesso»”.
Dal bollettino parrocchiale di Gressoney di don Ugo Casalegno, “Walser Glocken” n. 3/2010, pag. 48: «Parliamo della Orestes Hütte, solidalmente voluta e costruita, con una tenacia pari alla perizia, dalla intera famiglia di Arturo Squinobal in località Z'Indre, nella conca sottostante il ghiacciaio dell'Indren, sulla direttrice che dal Gabiet porta al Mantova, a 2630 m. slm. Gran giornata quella della inaugurazione. Lasciamo la penna ad Emil: “Il 28 agosto scorso è stata ufficialmente inaugurata la Orestes Hütte, rifugio situato a 2600 metri ai piedi della Piramide Vincent. La struttura è dedicata alla memoria di Oreste Squinobal, guida di Alta Montagna, che, con il fratello Arturo, si è reso autore di imprese alpinistiche memorabili.
Durante questa splendida giornata di sole, Arturo e la sua famiglia hanno accolto una nutrita folla di amici, conoscenti ed escursionisti accorsi in massa per l'occasione. Tra i presenti l'on. Nicco, l'on. Pandolfi, i sindaci di Gressoney, le guide e maestri di sci del Monte Rosa. Successivamente si sono succeduti sul palco il presidente della Giunta regionale Rollandin, l'assessore alla cultura Viérin e il Prof Luigi Zanzi, profondo conoscitore e studioso delle popolazioni Walser ed amico dei fratelli Squinobal. Infine sono state presentate al pubblico le persone che hanno collaborato e reso possibile la costruzione del rifugio. La cerimonia si è conclusa con l'immancabile benedizione di Don Ugo e i festeggiamenti sono proseguiti con un lauto buffet, allietati dalle note musicali della Walserblaskapelle”».
Oltre il celebrante erano presenti gli amici della Madonna dei Ghiacciai: Italo Pent, Pierangelo Pettigiani, Monica Blandino, Pierfranco Mo, a cui si sono unitiEmanuele Betti, Marta Tentori, Mauro Breme, Leonardo Sanvito, Gianni Totè e Giovanni Gamez di Chiasso.
Il brano di Vangelo (Matteo 14,22-33) parla di Gesù che cammina sulle acque nella notte tempestosa per soccorrere la barca degli Apostoli, fa camminare anche Pietro sulle acque, lo solleva quando la sua fede viene meno ed affonda dicendogli: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” . Appena salito sulla barca la tempesta è sedata.
Molti scendono a valle, ma un buon gruppo (anche di cantori) dorme nei rifugi sognando che domani, 7 agosto, il tempo sia clemente per salire al Cristo delle Vette.
Finalmente si fa giorno. Il tempo non è bello: siamo in pochi a partire alle 7.30 dalla Capanna Gnifetti; raggiungeremo il Cristo alle 10.30. A metà percorso incontriamo molte cordate che discendono dal Colle del Lys, ricacciati dalla bufera che rende anche molto scarsa la visibilità.
Ci orientiamo a fatica verso le rocce del Balmenhorn incrostate di ghiaccio e neve; sul lato nord-est abbiamo trovato la corda fissa e alcuni gradini da via ferrata collocati recentemente dalle guide di Alagna, per cui abbiamo superato agevolmente i circa dieci metri di dislivello dal ghiacciaio e ci siamo ritrovati ai piedi del Cristo tutto rivestito di un bianco camice di neve e ghiaccio, come fosse pronto per la celebrazione eucaristica che non è avvenuta all’aperto, ma dentro il bivacco “Felice Giordani” dove erano rinchiusi quattro giovani che avevano pernottato ed attendevano una schiarita per scendere; ci hanno salutati come mandati dal Padre Eterno: «Tutto era avvolto nella nebbia quando... siete arrivati dal nulla» mi ha scritto Giovanni Gamez; poi hanno preparato molto bene il tavolo per renderlo mensa eucaristica ed abbiamo celebrato e cantato la nostra messa di ringraziamento per questi trentotto anni di pellegrinaggi alla Madonna dei Ghiacciai e al Monte Rosa.
L’episodio evangelico si presta anche per incoraggiare la nostra fede: anche noi siamo chiamati a procedere tra le tempeste e le bufere, la vita è sovente simile al pellegrinaggio di questa giornata, sentiamo di essere chiamati a salire in alto, ad andare oltre; è importante continuare a credere ed alimentare a tutti i costi e in tutti i modi la fede e la speranza; e Dio, che non ci può dimenticare, comparirà a dominare le tempeste e ci introdurrà in un rifugio sicuro dove celebrare il suo Amore e la sua gloria. Il Cristo delle Vette è particolarmente adatto a ricordarci questo Gesù che cammina con calma e autorità su tutte le tempeste, non solo del Monte Rosa, ma del mondo.
2004 - Fedeltà al primo sabato di agosto
Sabato 7 agosto 2004
Attorno al Superiore Salesiano don Pietro Migliasso si dispongono don Remo Baudrocco, di Chiavazza (BI), don P. Angelo Cerruti, di Varallo Pomba, i Salesiani don Giovanni Moriondo, don Giuseppe Biancardi, don Franco Campello, don Giuseppe Capra; la presenza Salesiana è completata dai fratelli consacrati laici Mario Rosso, Claudio Marangio e Roberto Bava.
Si notano volti da sempre familiari a questa celebrazione: la guida alpina G. Piero Viotti di Alagna, il cav. Agostino Negra (80 anni); la guida cav. Enrico Chiara (85 anni); per il C.A.I. di Varallo il dr. Giorgio Salina, i ragazzi costruttori: Mario Michela col figlio Abele, Beppe Bordone con la moglie Laura.Compaiono in divisa Fabio Loss e Maurizio Brentari, del Soccorso Alpino Guardia di Finanza di Riva Valdobbia: ci congratuliamo con loro per la vittoria di Silvio Mondinelli sul K2 il 26 luglio scorso; dell’Arma dei Carabinieri sono presenti i marescialli Alan Barcelli, Roberto Rossi e Felice Erba; del Corpo Forestale di Stato,stazione di Scopa, sono presenti l’assistente Maurizio Brambilla e l’agente Franco Di Criscio. Il gruppo più numeroso giunge ancora dalla Valle Susa.
Ed ecco il momento più toccante della nostra celebrazione: l’offerta delle fiaccole dei Caduti: Serena Anna Salvucci e Alessandro Mennella morti colpiti dal fulmine sul Lyskamm Occidentale il 21 luglio 2003; Alberto Fornasari, caduto mentre scendeva dal Polluce il 28 luglio 2003; Fabio Baroni deceduto sul Monte Rosa mentre praticava lo snow-board; Gian Franco Cenerini caduto sulla cresta Nord del Tagliaferro il 23 agosto 2003; Sergio Simoni caduto il 13 agosto 2003 alla Bocchetta Pujo del Corno Bianco; la fiaccola di Federico Barell viene offerta dal dott. Nicola De La Pierre, mentre l’amico Willy Monterin di 79 anni, molto compreso ed emozionato, legge il profilo: «...Ricordo le escursioni e la bella compagnia che ci siamo fatti alla Capanna Margherita negli anni ‘50: lui sotto, custode della capanna e io al piano di sopra, a custodire l’osservatorio... È poi diventato presidente della Società Guide di Gressoney ed è sotto la sua presidenza che è stata decisa e portata a termine la costruzione del Rifugio Città di Mantova»; una fiaccola è dedicata a tutti i membri defunti del Corpo Nazionale Soccorso Alpino Speleologico nel 50° di fondazione; Mario Puchoz, guida alpina valdostana che 50 anni fa morì durante la prima spedizione del K2; Gianni Pastore morto nel luglio scorso, è stato presidente della Sezione di Varallo per 21 anni, era presidente quando costruimmo la Cappella e regalò la campana che sta suonando in suo ricordo; facciamo anche un ricordo per i 4 francesi che sono morti l’8 luglio: la guida alpina Marc Monier 39 anni di Briançon e i clienti Michelle Bourmeyster di 54 anni, Jean Bourmeyster di 66 anni e Joelle Lefebvre, partiti dal rifugio Lambronecca, sono precipitati dalla cresta del Castore; la comunità di Rosta presente fin dalla fondazione a questo appuntamento ricorda il giovane amico Gabriele Rada.
Il Superiore dei Salesiani don Pietro Migliasso così dice: «I Santuari mariani sono onusti di ex-voto per ringraziare Maria del soccorso dato direttamente dal Cielo, o stimolato attraverso il cuore dei suoi figli. Sappiamo di S. Bernardo d’Aosta, protettore degli Alpinisti, che mille anni fa fondò una congregazione religiosa di canonici regolari per il soccorso a chi valicava le Alpi, non per esercizio sportivo, ma per la necessità di una vita povera e sacrificata. Cinquant’anni fa, tra alpinisti molto idealizzati, nacque il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico e alcuni membri sono qui presenti; oggi, quassù tra queste ardue vette, vogliamo ringraziare quest’esercito silenzioso che tanti prodigi di abnegazione e solidarietà, anche estrema, ha compiuto su questo Monte Rosa, sulle Alpi e su altre montagne del mondo.
Alcuni di loro sono morti durante operazioni di soccorso, alcuni sono stati promossi all’onorificenza della medaglia al valor civile; per tutti c’è la promozione di Gesù: “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”; per tutti i defunti di questo nobile sodalizio, che tanto onora la nostra patria e le nostre radici cristiane, sarà offerta una delle fiaccole. La fiaccola esprime: col fuoco, il calore della solidarietà e con la luce, l’ideale che illumina la vita e i passi da compiere » .
Il celebrante don Migliasso dice: «Vogliamo ringraziare Maria, Madonna del Soccorso e Ausiliatrice, per tutti i passi di solidarietà che sono avvenuti sulle montagne, anche tra le lontane montagne del mondo dove alpinisti Italiani hanno aperto scuole e centri di solidarietà e promozione per i bambini e giovani di popolazioni poverissime; in particolare, come salesiano, voglio ringraziare per le guide alpine italiane che hanno collaborato con il missionario salesiano valtellinese, don Ugo De Censi, nell’”Operazione Mato Grosso” all’erezione di tre altissimi rifugi Andini in Perù (uno intitolato a Don Bosco, a 4700 metri dell’Huascaran) e hanno aperto la prima scuola di Andinismo in cui lo scorso anno sono stati diplomati “guide andine” 12 giovanissimi Peruviani (La rivista “Lo Scarpone” di giugno 2004 menziona appunto le guide Fabrizio Manoni e Franco Bertoglio)»
I genitori Gian Franco e Maria Rosa hanno scelto per Serena queste parole: «La montagna, il mare, tutta la natura erano parte dominante nella tua vita ed hai lasciato la tua vita nel luogo che consideravi il più bello del mondo. Sarai per sempre nei nostri cuori con infi nita tenerezza, perché sei stata grande. SPLENDIDA, SPECIALE AMORE per tutti. Sii benedetta dal Signore nella pace e nell'incanto lassù, con gli Angeli ed i Santi del Paradiso».
Per Alessandro, mamma Anna Maria e papà Aldo scrivono: «Amavi il mare; ad ogni immersio ne eri pesce tra i pesci, acqua con acqua. Camminavi fra i boschi del tuo Appennino immer gendoti nella sua bellezza come in un dolce abbraccio. Per difenderlo sei stato attivissimo nella protezione civile, hai spento incendi, hai riaperto sentieri. Adoravi la montagna; per comprenderla ed affrontarla sei stato Alpino per 15 mesi e dopo, la fatica della scalata o dell' arrampicata rappresentava per te una necessaria preparazione al godimento immenso e totale del momento in cui, giunto alla vetta, ti saresti sentito tutt'uno con la bellezza e la potenza di ciò che ti circondava. Il tuo animo, teso verso cose vere e incontaminate, ti ha reso amico sincero, sempre disponibile ed indimenticabile. La tua famiglia ti amerà per sempre e, pur nel dolore più straziante, sarà sempre grata di aver diviso con te trenta brevissimi, meravigliosi anni. Grazie di essere stato con noi».
Federico Barell, benemerito del Monte Rosa. già capo della Società Guide di Gressoney; leggiamo dal Bollettino parrocchiale: «Il 29 settembre spirava ad Aosta Federico Barell, "Fritz" per gli amici, all'età di 75 anni. Non è facile dire di lui ora. Acutezza d'intuito, sensibilità e generosità di cuore si nascondevano molto spesso in un approccio ironico e quasi distaccato da situazioni e persone. Era un appassionato cultore della vita e della tradizione agricola e montanara walser. Ci scrive l'amico e guida Willy Monterin: "Ricordo le escursioni e la bella compagnia che ci siamo fatti alla Capanna Margherita negli anni '50: lui sotto, custode della capanna e io al piano di sopra, a custodire l'osservatorio. Nell'estate del '63 abbia mo insieme compiuto al Monte Bianco il corso di guide. È poi diventato presidente della Società Guide di Gressoney ed è sotto la sua presidenza che è stata decisa e portata a termine la costruzione del Rifugio Città di Mantova: un'impresa di non poco conto, cui mise anche fisicamente mano, come tutti noi, quando si trattò di trovare le pietre per la costruzione e portarle sul posto ... "
Ricordiamo i 50 anni della prima salita al K2 dedicando una fiaccola alla guida Mario Puchot e a tutti i defunti che parteciparono a quell’impresa.
Mario Puchoz, valdostano di Courmayeur, morì il 21 giugno 1954 a seimila metri in una tenda del secondo campo. Aveva 36 anni, era stato scelto a far parte della pattuglia delle guide e alpinisti per l'assalto al K2 per la sua forza, per la sua resistenza e per la profonda bontà d'animo. Mai nessuno lo aveva sentito lamentarsi, o lo vide vacillare, sostare, chiedere aiuto. «Era una. guida del Monte Bianco». dissero i suoi compagni: l' elogio funebre più solenne del piccolo Puchoz; il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi gli conferì la medaglia d'oro (alla memoria).
2003 - Fedeltà al primo Sabato di agosto
Sabato 2 agosto 2003
Presiede la celebrazione don Paolo Ripa, per la 5a volta in questi 36 anni, è Vicario del cardinale Severino Poletto per la Vita consacrata. Concelebrano don Remo Baudrocco, don Millo Segafredo, don Giuseppe Capra; animano i cantori del “Genzianella” e altri “Cori Biellesi”,.
Onorano la celebrazione con la loro presenza le Guide Alpine di Alagna Alberto Enzio e il figlio Michele, il cav. Enrico Chiara (84 anni), Gianpiero Viotti; di Macugnaga la guida Fabio Iacchini e il sindaco Teresio Valsesia, il dott. Giorgio Salina del C.A.I. di Varallo, i marescialli dei Carabinieri Alan Barcelli, Roberto Rossi e Felice Erba e le guide del S.A.G.F. Paolo Della Valentina e Davide Recruccolo; del C.A.I. di Gressoney il presidente dott. Franz e Nicola De La Pierre.
Vengono presentate le fiaccole di Enrico Quaranta e Alberto Borsi caduti assieme sul Lyskamm, di Silvano Carmellino, di Davio Dalessio, di Michele Fardo, di Emilio Detomasi, delle tre guide di Macugnaga Pierino Iacchini, Lino Pirrone ed Ernesto Fich, di Carlo Delpini che ha lavorato per 15 anni a Capanna Gnifetti, di Paolo D’Alonzo, morto recentemente alla diga del Gabiet durante il lavoro, di don Luigi Ravelli nel 40° anno di morte.
Pierino Iacchini, Lino Pirrone e Ernesto Fich sono stati protagonisti d’importanti imprese alpinistiche sul Monte Rosa; così li ricorda la comunità di Macugnaga: «Pierino era componente della cordata (dell’accademico varesino Mario Bisaccia) che nel 1959 ha vinto il “Triangolo della Jazzi”, a quell’epoca una delle vie più difficili del massiccio (L’itinerario è stato poi ripetuto in prima solitaria e in prima solitaria invernale dal figlio Fabio). Pierino fu anche a lungo capoguide e presidente del “Club dei 4000”, che riunisce i salitori della Est del Rosa. Lino ha invece segnato con Luciano Bettineschi e altre guide di Macugnaga, la grande stagione delle “prime invernali”, fra gli anni ‘60 e ‘70: parete Est della Dufour, Cresta Santa Caterina, Canalone della Solitudine. Ernesto ha svolto con grande modestia e passione il suo lavoro di guida. Tutti e tre sono prematuramente scomparsi, ma rimarranno nel cuore di coloro che li hanno conosciuti anche per i valori umani che ci hanno lasciato. Macugnaga li ha ricordati recentemente dedicando loro il “sentiero naturalistico del Monte Rosa”».
Emilio Detomasi, di anni 61, di Alagna, nato il 27 marzo 1941 morto il 17 giugno 2002 dopo aver lottato in piedi per tre anni contro la leucemia. «Fu alpinista e guida alpina di grande valore, maestro di sci e insuperabile sciatore alpinista, membro del Soccorso Alpino, collaboratore essenziale nel rinnovamento dei rifugi Margherita, Gnifetti, Gugliermina, Resegotti e Balmenhorn...»
Michele Fardo, 42 anni, morto il 23-12-2001 in Val Soana durante la salita di una cascata di ghiaccio. «Istruttore Regionale e poi Istruttore Nazionale di Alpinismo (INA), fonda la Scuola di Alpinismo “Due Valli” del CAI Mosso S. Maria di Vercelli. All’attività didattica come vicepresidente della Commissione Regionale Scuole di Alpinismo e istruttore della Scuola Interregionale affianca quella di alpinista esploratore con l'apertura di palestre di arrampicata sul Monte Barone di Coggiola, in Val d’Aosta nella zona di Bard e Machaby e nella valle di Champorcher; palestre di arrampicata artificiale a Pray Biellese, a Cossato e indoor a Mosso; pubblica inoltre due guide di arrampicata: “Arrampicare nel Biellese” e “Arrampicare a Bard”».
Alberto Borsi, 39 anni di Cuneo, caduto il 21 luglio 2002 sulla Nord del Lyskamm insieme ad Enrico Quaranta, lasciando la moglie Raffaella in attesa del figlio, Alberto Enrico, tanto desiderato. L'amico Paolo Ponzio così ha scritto: «... entusiasti della salita al Monte Bianco appena compiuta.: tu Alberto avevi 20 anni ed io 24 ... ci giurammo eterna amicizia, la montagna ci avrebbe sempre unito; tu sei diventato uno stimatissimo veterinario amante degli animali; hai coltivato altre molteplici passioni: il tennis, il calcio, il ciclismo, la maratona, con grandi risultati. Le centinaia di persone che ti hanno conosciuto hanno potuto apprezzare le tue grandi doti di umanità e di lealtà. Il tuo bimbo tanto desiderato, ma che non hai visto nascere, un giorno domanderà: "Dov'è mio papà Alberto?" Di risposte certe io non ne avrò, ma di sicuro gli racconterò ciò che tu sei stato: un amico sincero e leale, animato da una grande passione per tutto ciò che facevi; un vero GRANDE UOMO».
Offriamo l’ultima fiaccola per i 40 anni dalla morte di don Luigi Ravelli (nato 1879 - morto 1963), pioniere dell’alpinismo Valsesiano, Canonico della Collegiata di Borgosesia. Cavagliere Pro Ecc. et Pont. Accademico del CA.I.. Medaglia d'Oro, membro emerito dell'Ordine del Cardo Storico. Scrittore che scrisse integralmente la guida della Valsesia e Monte Rosa. Parroco di Foresto Sesia per 59 anni.
È certamente una delle figure più rappresentative e conosciute dell'ambiente alpinistico e culturale valsesiano. Con i fratelli Guglierrnina di Borgosesia ed il cugino Francesco (Cichin) Ravelli, fu fra i pionieri del nostro alpinismo e venne accolto fra i membri del Club Alpino Accademico Italiano (CAAI). Ma il suo ricordo in valle rimane soprattutto legato al suo "Valsesia e Monte Rosa", la prima, completa, guida alpinistica-artistica-storica della Valsesia, pubblicata nel 1924 ed ancor oggi in gran parte attuale nonostante i mutamenti intervenuti nelle condizioni di percorribilità dei sentieri montani. La nostra Sezione celebrerà il 6 agosto il 40° della morte di questo indimenticabile sacerdote, alpinista e scrittore, lassù al Bivacco di Terrafrancia in Val d'Otro, a Lui intitolato, ma non possiamo dimenticare che don Ravelli, nel suo modo di intendere e praticare la montagna, non mancò di apprezzare anche il canto corale, che dello spirito della montagna è una delle espressioni più vive ed immediate. E di ciò troviamo ampia traccia nei suoi gustosi scritti di "Per Valli e Monti" con la Giovane Montagna, l'ass. Alpinistica di cui egli fondò la sezione valsesiana.
Don Ravelli favorì l'alpinismo e l'ingresso nel C.A.I. anche al ceto popolare, in particolare ai giovani (prima era quasi esclusivamente ad una "elite"), favorì la S. Messa in orari adatti agli alpinisti e le celebrazioni in montagna: gli anni del suo maggior impegno sono tra le due grandi guerre (1925 - 1940); la pagina che riportiamo è probabilmente di quel periodo ed è estratta da: "Per Monti e per Valli" con "La Giovane Montagna":
Sui Pinnacoli del Monte Rosa
«Alle 5,30 scorgiamo sul vertice della Piramide "giocare i primi raggi del sole, ma 'Col sole - sorge anche dai misteriosi abissi del Lys un venticello che s'infervora sempre di più, sì da diventare in breve tormenta bella e buona. Sfionda il sole dall' alto nel più limpido sereno, ma dal basso, come da alveari irritati, irrompono a sciami punte dìacciate e volanti, pungiglioni dì vespe invisibili, fìnissimi aghi che feriscono come strali, che tormentano il viso, penetrano attraverso la reticella degli occhiali, passano attraverso i guantoni di lana, sorpassano le pesanti stoffe del vestito. La neve che copre il ghiacciaio è tutta in moto, e fluttua come onda del mare: e quella che è più scossa dal vento, svolazza per l'aria con urli e sibili simili a strida di streghe. Sospinti da tale musica verso le 7 poniamo piede sulla Piramide Vincent (4215) ove speriamo trovar salvezza, ma una raffica più feroce delle altre ci investe, ci squassa, ci toglie il respiro, ci flagella e ci rigetta sul Colle Vincent (4100). Qui la compagnia si spezzetta e mentre i più impressionati, irrigiditi dal freddo, ritornano alla Gnifetti, noi ci arrampichiamo sul Balmenhorn (4231) in cerca di un riparo per la celebrazione della Messa.
La capanna militare del Balmenhorn ha la finestra aperta e scardinata, sicché l'interno è tutto pieno di neve e ghiaccio: affacciatomi ad esso, un soffio gelido mi viene a percuotere il viso e mi fa pensare all'alito di un morto, Vi entriamo tuttavia come meglio possiamo, squadriamo alla perfezione un blocco di ghiaccio in posto, vi disponiamo sopra il mostro altarino e alle 8 la S. Messa comincia. Di fronte il Lyskam si va ornando di luci e di sole per onorare la maestà di Dio che sta per nascere in mezzo a noi, mentre i fiocchi di neve, flagellati dal vento, si affacciano curiosi alla finestra ed entrano festosi in folla, come bianche farfalle, a vedere cosa si compie in questa seconda povera capanna di Betlernme».
Dopo la benedizione del celebrante ascoltiamo il saluto del Club Alpino Italiano
affidato a Teresio Valsesia: «Cari amici, il dovere della memoria ci ha richiamati anche quest’anno qui alla Gnifetti; credo di interpretare i vostri sentimenti nel dire grazie a don Capra che ci dà questa opportunità ogni anno con una organizzazione sempre puntuale e meticolosa; aggiungiamo, anche a nome dei familiari dei defunti e degli amici, un grazie a tutti i celebranti, al coro e direi anche al C.A.I. di Varallo che collabora attivamente a questa giornata commemorativa, rappresentato oggi dagli ex presidenti Salina e Soster. Noi che andiamo in montagna, non ne dimentichiamo il ricordo, ne coltiviamo la memoria giorno dopo giorno, perché frequentando la montagna non pratichiamo l’effimero, la superficialità, ma valori profondi non cancellabili.
Quest’anno ho visto, dall’elenco dei nostri amici commemorati, che c’è una grande diversità: non sono solo alpinisti, ma anche gente che ha lavorato in montagna, e non sono meno importanti, anzi, dobbiamo ringraziarli, noi che andiamo in montagna per il tempo libero, per occupare il nostro spazio di relax, di sport e di passione; e poi le guide, (4 guide!), credo che sia la prima volta che ricordiamo 4 guide, che hanno dedicato tutta la loro vita alla montagna, 3 guide di Macugnaga morte in un anno; per la nostra comunità è stato un colpo abbastanza duro, e poi Emilio Detomasi di Alagna; chissà quante volte queste guide si sono incontrate qui alla Gnifetti, sul Monte Rosa quando facevano le escursioni con i loro clienti.
Sono convinto e siamo convinti tutti, che anche oggi si incontrano qui con noi, e con noi c’è anche don Ravelli: la sua “Guida della Valsesia”, scritta 80 anni fa, è ancora attualissima per la ricchezza di informazioni. Se non avete avuto l’occasione di farlo finora, leggetela e fate pure delle escursioni con la guida di don Ravelli, è un compagno fedele che non tradisce”».
Domenica 27 luglio 2003.
L'ultima domenica di luglio, come preparazione e gemellaggio con la nostra celebrazione, ho partecipato al raduno annuale per la "Memoria dei Caduti della Montagna" alla XII Apostoli, nel cuore del Brenta, che si celebra sin dal 1953; è una celebrazione in parallelo con la nostra festa della "Madonna dei Ghiacciai", molto più partecipata perché si trova a 2400, ma molto più generica della nostra.
La grande Croce segnala come abside la chiesa dei "Caduti della Montagna", fu scavata nella dolomia nel 1953 per iniziativa di don Bruno Nicolini.
2002 - Fedeltà al primo Sabato di agosto
Sabato 3 agosto 2002
A Capanna Gnifetti gli alpinisti che vogliono salire sul Rosa hanno ricevuto la sveglia alle quattro, e alle quattro e trenta cominciano a scomparire nell’ovatta bianca di nubi che tutto avvolge. Dalle ore cinque il telefono comincia a squillare in continuazione e il direttore del Rifugio non fa che ripetere: «Qui Capanna Gnifetti, nebbia che va e che viene...». Molti disdicono l’appuntamento dicendo: «Qui piove, le previsioni date non sono buone... non ce la sentiamo di salire...».
Noi siamo abituati dal 5 agosto 1967 ad avere fiducia nel tempo meteorologico; in questi 35 anni di vita della Cappella possiamo ringraziare il Cielo e tutti gli amici che abbiamo lassù per avere sempre potuto compiere questa ascensione e celebrazione.
Il nostro appuntamento ci permette di riabbracciare antichi amici: il dr. Giancarlo Boccagni che per molti anni partecipò come coordinatore generale del Corpo Forestale Statale della provincia di Vercelli, ed ora come presidente dell’A.N.F.I.C. (Associazione Nazionale Forestali Italiani in Congedo), assieme a lui, in divisa, l’ispettore capo della stazione di Scopa-Valsesia Dario Lorenzon, l’assistente Claudio Casonato, gli agenti Maurizio Brambilla e Eros Falgari; sono qui non solo per la relazione normale che i membri del C.F.S. hanno con queste celebrazioni alpine ma anche per onorare la memoria del primo caduto di cui facciamo memoria, l’atleta di Gressoney Leonardo Follis di 34 anni che fin dai suoi 20 anni ha fatto parte del Corpo Forestale dello Stato, per i cui colori ha gareggiato ad alto livello fino al 2001, vincitore del prestigioso "Trofeo Mezzalama" a coppie.
Compaiono volti graditissimi da 35 anni: il cav. Enrico Chiara, ha 83 anni e oggi fa da guida alle nipotine Chiara (16 anni) e Monica (11 anni) che custodiscono a turno, gelosamente, la piccozza del nonno, una “Grivel” degli anni 1955 - 60; il cav. Agostino Negra, la guida Gian Piero Viotti, che mi dice: “Ero qui quando abbiamo messo la prima pietra, oggi non potevo mancare!”.
Compare il volto amicissimo di Sergio Tabachi di Ceppo Morelli, che denota una gioia speciale; ha con sé due trombettisti alpini della Valle Anzasca, Enzo Bacchetta di Bannio Anzino, maestro della “Fanfara Alpina Ossolana” e Marco Garbagni di Ceppo Morelli; con loro Carlo Lanti e Mirko Battaglia. Compaiono il prof. Guido Sertorio e Cristiana Lombardi, genitori di Luigi Amedeo; si presentano Angelo Cucchi, Giulia, Anna e Chiara di Ornavasso che vengono ad onorare il loro fratello Massimiliano e Francesco Rimella, di cui è presente anche la mamma Clelia; Luigi Ragionieri; la guida alpina Valdostana Bruno Bhétaz, con lui sono il fratello Evaristo con Felice Nicolino della società “Guide Alpine - Gressoney”. Il gruppo più numeroso giunge dalla Valle Susa, sia per ricordare l’amico Aldo Spaghetti sia per una affezione particolare al Monte Rosa e per confermare il “gemellaggio” tra la Madonna dei Ghiacciai e la Madonna del Rocciamelone avvenuto nel 1999; il dr. Vittorio De La Pierre (da quanti anni il dottore ci onora della sua presenza!) col figlio Nicola e una suora salesiana che ha scalato molte cime del Rosa, suor Maddalena Alfero e con lei Amedea Brignole; il parroco don Ugo Casalegno ha preferito fare tutta l’ascensione a piedi, così pure due giovani atleti sono saliti a piedi da Alagna. Ma il record lo stabiliscono 5 membri del CAI di Valle Mosso, Ezio Grosso, Michelangelo Ronchi, Vito Prinamello, Adriano Orbassano e Piero Longhini che hanno compiuto questo pellegrinaggio al Monte Rosa e alla sua Madonnina in 4 giorni di trekking; recano e lasciano una targa su cui sono incise queste parole: «Quassù, nell’immensa maestosità dei monti, mi sento in intimo colloquio con Dio" e sul retro sta scritto: "Trekking “La vie en Rose” dall’Oasi Zegna al Monte Rosa, mercoledì 31 luglio, giovedì 1, venerdì 2, sabato 3 agosto 2002».
Giovanni Deambrogio da Varallo Pombia, con il genero Adriano Colnaghi, viene a confermare la perfetta guarigione e ringraziare per la nascita del nipotino Luigi Filippo. Accanto al Vescovo si dispongono altri 5 sacerdoti: don Ugo Casalegno parroco di Gressoney, don Giovanni Tagliero, don Remo Baudrocco di Chiavazza (BI), don Fernando Sarcinella di Busto Garolfo (MI) e il sottoscritto don Giuseppe Capra.
Il Vescovo di Chiavari, Mons. Alberto Maria Careggio dice: «“La religion des souvenirs”, la religione del ricordo è quella che facciamo noi oggi; di fronte alla morte dei nostri cari ci domandiamo: Che senso hanno la vita e la morte? Ci risponde la Sacra scrittura: “La loro fine parve una sciagura, ma essi sono nella pace”. C’è una espressione di S. Agostino che dice: “Quale abisso è il cuore dell’uomo”; perché questa sete di infinito? I monti sono sempre stati considerati come luogo privilegiato per incontrare Dio, specie per noi che oggi siamo saliti qui per celebrare l’Eucarestia».
Ci ritroviamo attorno al Vescovo di Chiavari, il valdostano mons. Alberto Maria Careggio e facciamo memoria di Leonardo Follis, 34 anni di Gressoney, faceva parte del Cs. Forestale, nel 1999 fu campione italiano di sci-alpinismo a coppie e vincitore del prestigioso “Trofeo Mezzalana”; di Paolo Re, 71 anni di Milano, direttore alla scuola di alta montagna “Parravicini”, accompagnatore del corso sci-alpinismo, uno dei primi organizzatori della scuola sci-alpinismo “Righini” del C.A.I. di Milano; di Renato Andorno, nato a Grignasco, fotografo, alpinista, aveva percorso sentieri e vie di mezzo mondo, una delle più significative col C.A.I., “Camminitalia”, aveva partecipato a 15 spedizioni sugli “8000”, l’ultima ad agosto 2001 in Himalaya, dove era impegnato con l’amico Silvio Mondinelli in progetti di sostegno a favore dei bambini del Nepal; di Aldo Spaghetti, 58 anni, presentato dagli amici della Valle Susa, fondatore e presidente per molti anni dello Sci Club “Col Biön”. Rinnoviamo la memoria di Giorgio Bertone, guida alpina della Valsesia e del Monte Bianco nel 25° della sua morte, presenta la fiaccola l’amico Giorgio Salina.
Tra i sacerdoti amici di questa celebrazione ricordiamo Don Ferdinando Marchi, vicario della Diocesi di Biella che ha avuto degna commemorazione al Rifugio “Coda” da parte del C.A.I., sezione di Biella e coro “Genzianella Città di Biella” lo scorso 20 luglio; i Salesiani Don Aldo Bombara (87 anni, † 19/11/01) che partecipò per oltre 20 anni a questo appuntamento, Don Gino Borgogno (80 anni, †21/04/02) animatore e organizzatore per circa 30 anni delle Polisportive Giovanili Salesiane di Italia e di Europa per fare dello sport uno strumento educativo, Don Ambrogio Garegnani (77 anni, † 12/07/02) uno dei soci fondatori di questa Cappella.
Al termine della S. Messa il Vescovo fa a tutti una gradita sorpresa dando lettura della benedizione apostolica da lui sollecitata e inviata dal Santo Padre espressamente per questa celebrazione: «Sua Santità Giovanni Paolo II° nel 35° anno della Cappella “Madonna dei Ghiacciai”, presso la Capanna Gnifetti sul Monte Rosa che sarà ricordato il 3 agosto 2002 in occasione della celebrazione dell’Anno Internazionale della Montagna, impartisce di cuore l’implorata Benedizione Apostolica al promotore dell’iniziativa, Don Giuseppe Capra s.d.b., e la estende a tutti gli alpinisti ed amanti della montagna che si associano al significativo atto di pietà mariana con cui vengono commemorati anche quelli defunti sui monti e mentre invoca per essi la S.S. Vergine e Madre Immacolata affinché li protegga specialmente nelle ascensioni e ne elevi lo spirito, auspica che le scalate sulle alte vette li faccia sentire più vicini a Dio e li renda più attenti e sensibili ai problemi e alle necessità delle persone.
Leonardo Follis, 34 anni, di Gressoney. I famigliari ci hanno mandato questa breve presentazione della sua vita e personalità: «Leonardo Follis *12/09/1967 - † 14/03/2001. Un giovane uomo, un grande atleta; inizia la sua carriera come fondista e fa parte della squadra Nazionale Giovanile. A 20 anni entra nel Corpo Forestale dello Stato per i cui colori gareggerà ad alto livello fino al 2001, anno della sua scomparsa. Ma è lo sci-alpinismo che più lo appassiona, sport duro e di fatica in cui l'uomo si misura da solo con la montagna, la sua grandiosità e le sue insidie. Nel 1999 vince il "Trofeo Mezzalama ", la più prestigiosa cavalcata dei ghiacciai da Cervinia a Gressoney e, grazie anche allo straordinario motore che egli possedeva, era considerato uno dei più forti sci-alpinisti d'Italia e di Europa. Leonardo, dal carattere schivo e riservato di uomo di montagna, forte e caparbio nel suo essere atleta, generoso e dolce nel suo vivere quotidiano. La neve che lo ha accompagnato in tante sue giornate, in fantastiche e faticose imprese, in indimenticabili vittorie, quella candida neve che brilla al sole e tutto copre, gli ha tolto il soffio della vita e lo ha portato via da noi. O Madonna dei Ghiacciai, fa che viva in pienezza e nella Luce, su vette ben più alte, dove tutti un giorno ci ritroveremo, per sempre».
Renato Andorno di Ghemme (1932 - 2002).
La moglie Bruna ci ha inviato questo profilo da porre accanto alla fotografia nell'album conservato nella Cappella: «Signore, se ci sono le montagne in Paradiso, e ci sono di sicuro, lascialo camminare. Non importa se ci sarà da fare fatica, da portare pesi, da dimenticarsi di mangiare, da attendere per ore e per ore sfacchinare. Signore, se c'è la neve in Paradiso, e c'è di sicuro, lascialo muovere per gli spazi immensi che ci hai donato. Non importa se farà freddo, se ci sarà da gelare, da resistere alla stanchezza per giorni e per giorni patire sacrifici. Signore, se ci sono rifugi in Paradiso, e di sicuro ci sono, lascialo fermare. Basteranno pochi minuti: per pensare alla sua famiglia, che per lui è la cosa più importante e non c'è viaggio o fotografia speciale che conti. Per incontrare di nuovo Maria Grazia, così che insieme possano, ogni tanto magari, gettare uno sguardo a quelli che da loro avevano ancora tanto da imparare. Ti ringrazierà di poter tornare ogni giorno a fare il suo dovere. Lascialo lavorare, Signore, e non ti chiederà più nulla. »
(Namaste Renato).
Dal "Lo Scarpone" numero 11 - novembre 2000, leggiamo: "Il 20 ottobre 2000 a Namche Bazar, in Nepal, una scuola per i figli degli sherpa è stat inaugurata per iniziativa degli "Amici del Monte Rosa. A tagliare il simbolico nastro sono stati Silvio Mondinelli e Renato Andorno".
Da 20 anni circa desideravo tornare sul Castore per assicurare il busto bronzeo di Don Bosco che era stato lassù collocato da Don Natale Cignatta e dal gruppo di 20 giovani lavoratori provenienti dal 1° oratorio salesiano di Valdocco. Abbiamo scelto per celebrare il 50° anniversario il 16 agosto, giorno natalizio di Don Bosco, in cui 50 anni fa facevano la professione religiosa i salesiani.
Siamo giunti in vetta verso le ore 9, abbiamo trovato il piccolo busto di Don Bosco rifugiato sotto un tettuccio di roccia, completamente distaccato e in pericolo di cadere e scomparire nell’abisso Sud della montagna su cui è collocato: ci è parso un miracolo che fosse ancora lì, con tutti i segni che porta dei fulmini ricevuti. Ci ha invasi un senso di tenerezza e commozione nel trovarlo lì e sentire la storia dei 20 giovani lavoratori che con il loro prete di campeggio lo portarono su, quasi ad invitarlo a benedire dall’alto tutti i campeggi e tutti i giovani che conoscevano il suo nome.
Fulgido Tabone, il rifacitore di tutte le strutture del Rocciamelone, che ha accettato di mettere in sicurezza anche il Don Bosco del Castore, è entrato subito in azione col trapano a batteria, ha fissato la “targa”, ha scalpellinato la roccia perché potesse accogliere bene il busto bronzeo allineato sopra la targa.
La targa era stata benedetta a Valdocco dal Superiore Regionale Salesiano Don Luigi Testa e reca questa scritta: «A Don Bosco (1815 - 1888) / Maestro e guida / I giovani dei campeggi 10 Agosto 1952 / Don Natale Cignatta oratorio Valdocco Torino e Don Michele Do di Saint Jacques con le guide alpine di Ayas Giuseppe Fosson, Augusto e Umberto Favre / il 16 Agosto 2002 gli amici della Madonna dei Ghiacciai al Monte Rosa,il parroco di Grassoney e le Guide Alpine di Ayas».
Mentre i lavori si protraevano abbiamo deciso di celebrare la S. Messa non in vetta ma al rifugio Quintino Sella (3587 mt.), dove una ventina di alpinisti erano rimasti ad attenderci; ci siamo raccolti in preghiera, eravamo una trentina circa, abbiamo cantato “Don Bosco ritorna”: vari ex-allievi erano presenti attorno ai due salesiani, Don Vincenzo Caccia e Don Giuseppe Capra.
Al rifugio abbiamo concelebrato alle ore 12 insieme al parroco di Gressoney, Don Ugo Casalegno e due padri alpinisti, uno di Romagna e una di Genova. Ho richiamato le parole che il grande alpinista piemontese, Francesco Ravelli, 83 anni, aveva detto piangendo il 5 agosto 1967 all’inaugurazione della Cappella Madonna dei Ghiacciai nel ricordo di Don Aristide Vesco e poi di tutti i Caduti del Monte Rosa: “Che bella cosa ha ispirato Don Bosco ai suoi giovani” e io avevo risposto che Don Bosco amava ripetere «La gratitudine è il più bel fiore che possa adornare un cuore giovanile».
Don Bosco, il 5 agosto 1988 centenario della sua salita la Cielo, ci aveva ispirato a riportare nella Cappella più alta di Europa la sua espressione autografa: «La Vergine Santa ci benedica e ci aiuti tutti a camminare per la via del Cielo».
Questo piccolo monumento a Don Bosco che abbiamo salvato sul Castore, vogliamo che sia anche un piccolo monumento a tutti quei salesiani ed animatori che fecero della “montagna” ambiente e palestra di educazione e crescita spirituale, morale e civile: tanti alpinisti ricordano indelebilmente queste semplici grandi esperienze fatte nella loro gioventù.
Alla domanda se su altre montagne del mondo ci siano monumenti a don Bosco, dall'America Latina ci giunge risposta che il nome di don Bosco è stato dato ad un rifugio che è sorto in Perù, a Chacas-Ancash, situato a 4670 metri all'Huascaráne che fa parte di una serie di iniziative Andine promosse dal salesiano don Ugo De Censi, promotore di un'ampia organizzazione detta OMG. (Operazione Mato Grosso) e sostenuta da molti volontari italiani, tra cui guide italiane e atleti della montagna.
Ben quattro sono i rifugi Andini oltre i 4000 m. promossi dalla OMG., così pure è sorta la scuola per guide Andine, tutte iniziative di cui parala in questi anni anche la rivista "Lo Scarpone", ad esempio il numero di settembre 2010 che a pagina 10 ospita (come altre volte) un articolo dell'atleta di corse alpine e guida alpina, Valerio Bertoglio, che nel 2001 è stato per tre mesi in Perù per la formazione delle guide andine e lì è iniziata la sua attività di volontariato; nella foto del giornale sotto riportata, dice:
Tratto da "Montagne 360°" di maggio 2012 a pagina 71, congratulandoci per XIª edizione del premio "Una Vetta per la vita".
Franco Micheli è nato a Milano nel 1962 e risiede in Valle Camonica. Geografo, fotografo, alpinista,esploratore, giornalista, scrittore, è garante internazionale di Mountain Wilderness. E' autore di diverse guide e collabora come volontario con la scuola di andinismo "Don Bosco en los Andes" creata in Perù dall'Operazione Mato Grosso".
Difficile descrivere in poche parole Padre Ugo de Censi, Valtellinese nato il 26 gennaio 1924 in provincia di Sondrio. Difficile fare intuire, attraverso le sole parole, l'amore, la dedizione, la totalità del suo dedicarsi ai giovani e ai poveri. Proviamo allora a dire qualcosa di lui attraverso una sua lettera.
«Quando decisi di andare tra i poveri del Perù, supplicai il vescovo di Huari di darmi una parrocchia situata nelle vallate più nascoste delle Ande.
Mi affidò Chacas e Yanama, che si trovano al centro della Cordillera Blanca, tra i 3000 e i 4000 metri di altezza, ai piedi del massiccio del Huascaran e Huandoy.
Cosi le montagne fanno da corona alla mia vita. Per la mia gente, le montagne sono "belle" se danno pascolo e legna, mentre ghiacciai e nevai solo gli ricordano la fame e il freddo.
Da 30 anni fa ad oggi, le cose sono cambiate attorno alle montagne.
Dai pendii, dove coltivano patate e cereali, hanno visto passare gente strana: con zaini e vestiti colorati.
Che cosa troveranno sulle cime? Cosa ci sarà che li attrae?
Molti di questi nuovi arrivati si preoccupano di non pestare i fiori, però passano senza curarsi sopra la povertà e i costumi di questa gente.
Molte volte nemmeno si accorgono della gente che vive ai piedi delle montagne che scalano.
Con gli occhi di questi contadini guardo a questi nuovi "Conquistadores" ... capisco, perché anch'io amo la montagna, ma qui loro parlano di aprire nuove vie alle cime.
Non potrebbero aiutarmi ad aprire UN CAMMINO ANCHE PER I MIEI GIOVANI, figli di contadini, che per guadagnarsi il pane di ogni giorno scappano a Lima?»
Rifugi sulle Ande e la Scuola di Andinismo.
I rifugi sulle ande sono stati costruiti grazie ai campi di lavoro estivi dei ragazzi peruviani degli oratori delle ande.
- Rifugio Perù, 4765 m
- Rifugio Ishinca, 4350 m
- Rifugio Don Bosco-Huascarán, 4670m
- Bivacco Giordano Longoni, 5000 m
- Rifugio Alpamayo (in progetto).
Cari amici di Don Bosco, segnaliamo alcuni siti in cui si descrive l'attività di andinismo e di sostegno alle popolazioni andine svolte dal movimento di volontariato Operazione Mato Grosso (OMG) sulle Ande. Il sito web che sintetizza le motivazioni e il carattere dell'OMG per tutte le numerose attività che svolge in aiuto ai poveri è il seguente: www.operazionematogrosso.org
Il sito che racconta e spiega come sono stati costruiti e come vengono gestiti i rifugi dell'OMG, sia sulle Alpi che in Perù (cioè tutto grazie al volontariato, con lavoro e trasporti fatti a mano e camminando, e destinando tutto l'incasso ai poveri delle Ande, senza rimborsi per chi svolge la gestione volontaria) è il seguente: www.rifugi-omg.org . Qui trovate anche le immagini dei rifugi andini, storie e commenti. Tutti i rifugi sono gestiti con lo stesso spirito e legati a Don Bosco, ma quello che è anche dedicato a Don Bosco nel nome è il Refugio Huascaran, lungo la via normale della omonima montagna più alta del Perù.
Le guide formate dall'OMG grazie all'impegno costante con 15 anni di permanenza in Perù della famiglia bresciana di Giancarlo e Marina Sardini, coadiuvati da molti esperti e guide alpine italiani, si chiamano oggi Guide Don Bosco 6000, sono parte dell'associazione nazionale delle Guide Peruviane (AGMP) e sono parte integrante delle guide internazionali UIAGM. La sede da cui operano è il moderno Centro Andinismo Renato Casarotto di Marcarà, Cordillera Blanca, e il loro sito è: www.donbosco6000.net
La Bolivia, grande tre volte e mezza l'Italia e con 6 milioni di abitanti è, con Haiti e Nicaragua, uno dei paesi più poveri dell'America Latina. Viene definita il Tibet del continente americano, in quanto l'altitudine media è di 4000 metri e la cima più alta raggiunge i 6542 metri.
La Missione Salesiana di Kami, nata l'8 dicembre 1977, copre un'area geografica molto vasta (910 kmq ) compresa nel Dipartimento di Cochabamba. Tale zona è costituita da un labirinto di montagne che vanno dai 3000 ai 4600 metri. La stessa Kami, dove la speranza di vita è sotto i 40 anni, si trova sulle pendici di un monte (a 4000 m. di quota) dove vivono, con i propri valori culturali, circa 20.000 persone nella quasi totalità appartenenti alle etnie Quechua (gli antichi Incas) e Aymara (pre-incaici).
Nel corso dei 25 anni di presenza della missione salesiana, e grazie anche ai volontari di COOPI (Cooperazione Internazionale), un'organizzazione non governativa (ONG) italiana, sono stati realizzati numerosi progetti, coinvolgendo la popolazione locale:
- Il progetto minerario ha realizzato un impianto di raffinamento del minerale che ha alleggerito notevolmente il lavoro dei minatori, garantendo inoltre una resa migliore. La crisi, conseguente al crollo del prezzo del minerale, ha purtroppo ridotto, per ora, l'impatto economico di questa iniziativa.
- Il progetto sanitario ha portato alla costruzione a Kami di un ospedale e alla costituzione di una mutua per minatori e campesinos.
- Il progetto acqua potabile ha fornito, tramite la costruzione di una ottantina di piccoli acquedotti, l'acqua potabile alle comunità campesine che ne erano prive.
- Il progetto maglie ha permesso la costituizione di una cooperativa di circa 100 donne, in prevalenza mogli di minatori, che confezionano maglieria di alta qualità in lana di lama e alpaca.
- Il progetto strade ha permesso, tramite l'acquisto di una ruspa e di un camion, di realizzare una vera e propria impresa cooperativa per la realizzazione di ponti (in legno) e strade (sterrate) e per la loro manutenzione.
Altre realizzazioni sono state la falegnameria (che ha realizzato i banchi e gli infissi di un centinaio di scuole rurali), l'allevamento ittico (per arricchire la dieta costituita quasi esclusivamente da patate), il piano di rimboschimento (per rinsaldare il terreno e fornire legname, preziosissimo a quelle altitudini), il panificio (che rifornisce le scuole), il convitto (per permettere ai figli dei campesinos di proseguire gli studi a Kami, in quanto nelle comunità sono presenti solo le scuole elementari).