2005 – Fedeltà al primo sabato di agosto

Sabato 6 agosto 2005

 

 

Il tempo meteorologico ci ha favoriti per la prima celebrazione e ci ha “selezionati” per la seconda. Sono salito il 5 agosto con amici della Valsusa che la Madonna del Rocciamelone ha legato in cordata con la mia vita ormai da molti anni: Italo Pent, Maria Adele e Pierangelo Pettigiani; da Punta Indren in su il ghiacciaio si è presentato molto agevole, nessun crepaccio aperto, ma arrivati sotto la Gnifetti, ecco la sorpresa di due scale in ferro infisse verticali, che dimostrano quanto il ghiacciaio si stia abbassando in questi anni.
Le rocce attorno a Capanna Gnifetti stanno liberandosi, sotto il sole, dell’abbondante coltre di neve caduta coi temporali dei giorni scorsi; per prima cosa impugniamo le due pale da neve in dotazione alla Cappella e quelle che ci imprestano i Caponat, diretti da Piero Gilodi, e invitiamo gli alpinisti che subito collaborano a spalare con noi la neve del piazzalino e attorno alla Cappella.

Attorno all’altare si sono via via raccolti i parenti ed amici dei commemorati. Si notano volti da sempre familiari a questa celebrazione: la guida alpina G. Piero Viotti di Alagna, la guida cav. Enrico Chiara (86 anni) con le pronipoti Monica e Chiara e il cav. Agostino Negra (81 anni). Il Soccorso Alpino Guardia di Finanza è rappresentato dal capitano Alessandro Pellegrini, dal maresciallo Sergio Bressan, dai brigadieri Palmino Deligia e Silvio Mondinelli, che lo scorso anno salutavamo sul K2, l’ottomila italiano nel 50o della prima ascensione e dal finanziere Davide Recruccolo.

Il C.A.I. di Varallo è rappresentato dal vice presidente dott. Carlo Raiteri; al presidente Giorgio Tiraboschi presentiamo le nostre sentite e fraterne condoglianze per la perdita improvvisa della consorte Rosa Maria. Il C.A.I. di Gressoney è rappresentato dal presidente dott. Franz De La Pierre, dal decano delle guide Willy Monterin (80 anni) ed amici di Oreste Squinobal, il fratello Arturo con la moglie Franca, il figlio Emil, la sorella Ada, e nipoti.

Concelebrano i sacerdoti don Remo Baudrocco, don Angelo Cerruti, don Millo Segafredo, e don Giuseppe Capra che presiede in sostituzione di don Paolo Ripa Di Meana. Vengono presentate le fiaccole di: Luigi Gandolfo  59  anni  di  Nizza  Monferrato; di Antonio Costa, 60 anni di Mosso (BI); di Giovanni Paolo Casanova 49 anni di Rosta, caduto col parapendio al passo della Bettolina; di Luciano Antonioli 58 anni di Gozzano; della guida  di Gressoney Oreste Squinobal; di Alfredo Bai, scultore del Cristo delle Vette, nel 50° anno della statua, e animatore e di tutti gli amici defunti del Cristo delle Vette, la fiaccola è presentata dalla guida alpina di Gressoney Willy Monterin.

 

 

La guida Arturo Squinobal offre la fiaccola di suo fratello Oreste e dice: «Un anno fa mio fratello Oreste era molto ammalato; da molti mesi era colpito da un tumore alla colonna vertebrale. Eravamo molto legati. Un giorno guardando il Lyskamm, dalla camera del suo chalet in legno, mi diceva: “Non piangere Arturo, non piangere, nella vita ne abbiamo combinate di tutti i colori e ad un certo punto bisogna poi anche accontentarsi!” Era di una serenità incredibile».

             Concelebrazione.
         Le fiaccole sull’altare.

 

 

 

 

 

Oreste Squinobal, 61 anni, di Gressoney St. Jean,  morto il 9 settembre 2004. Oreste aveva costituito col fratello Arturo una cordata tra le più preparate e affiatate d’Europa, negli anni dal 1970 al 1980.
Falegnami e atleti di primissimo piano avevano realizzato le prime invernali alla Sud del Cervino (1971), alla Cresta integrale di Peuterey al Monte Bianco (1972), il “Trofeo Mezzalama” (1975) col fratello Renzo. Infine Oreste salì senza ossigneo nel 1982 il Kachenjiunga. Ha detto: «…attraverso lo sport in montagna ho imparato a educare il mio corpo, e insieme la volontà e l’intelligenza che mi sarebbero serviti per riuscire anche nella vita; ho imparato il valore del sacrificio, della preparazione fisica, della sofferenza nel resistere al freddo e alla fatica, per arrivare all’appagamento che dà la realizzazione di un’impresa nella quale impegni tutto te stesso»”.

Dal bollettino parrocchiale di Gressoney di don Ugo Casalegno, “Walser Glocken” n. 3/2010, pag. 48: «Parliamo della Orestes Hütte, solidalmente voluta e costruita, con una tenacia pari alla perizia, dalla intera famiglia di Arturo Squinobal in località Z’Indre, nella conca sottostante il ghiacciaio dell’Indren, sulla direttrice che dal Gabiet porta al Mantova, a 2630 m. slm. Gran giornata quella della inaugurazione. Lasciamo la penna ad Emil: “Il 28 agosto scorso è stata ufficialmente inaugurata la Orestes Hütte, rifugio situato a 2600 metri ai piedi della Piramide Vincent. La struttura è dedicata alla memoria di Oreste Squinobal, guida di Alta Montagna, che, con il fratello Arturo, si è reso autore di imprese alpinistiche memorabili.
Durante questa splendida giornata di sole, Arturo e la sua famiglia hanno accolto una nutrita folla di amici, conoscenti ed escursionisti accorsi in massa per l’occasione. Tra i presenti l’on. Nicco, l’on. Pandolfi, i sindaci di Gressoney, le guide e maestri di sci del Monte Rosa. Successivamente si sono succeduti sul palco il presidente della Giunta regionale Rollandin, l’assessore alla cultura Viérin e il Prof Luigi Zanzi, profondo conoscitore e studioso delle popolazioni Walser ed amico dei fratelli Squinobal. Infine sono state presentate al pubblico le persone che hanno collaborato e reso possibile la costruzione del rifugio. La cerimonia si è conclusa con l’immancabile benedizione di Don Ugo e i festeggiamenti sono proseguiti con un lauto buffet, allietati dalle note musicali della Walserblaskapelle”».

7 agosto 2005 al Cristo delle Vette; celebrazione S. Messa nel bivacco Giordani , mentre fuori si scatena la bufera.

Oltre il celebrante erano presenti gli amici della Madonna dei Ghiacciai: Italo Pent, Pierangelo Pettigiani, Monica Blandino, Pierfranco Mo, a cui si sono unitiEmanuele Betti, Marta Tentori, Mauro Breme, Leonardo Sanvito, Gianni Totè e Giovanni Gamez di Chiasso.

Il brano di Vangelo (Matteo 14,22-33) parla di Gesù che cammina sulle acque nella notte tempestosa per soccorrere la barca degli Apostoli, fa camminare anche Pietro sulle acque, lo solleva quando la sua fede viene meno ed affonda dicendogli: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” . Appena salito sulla barca la tempesta è sedata.

Molti scendono a valle, ma un buon gruppo (anche di cantori) dorme nei rifugi sognando che domani, 7 agosto, il tempo sia clemente per salire al Cristo delle Vette.
Finalmente si fa giorno. Il tempo non è bello: siamo in pochi a partire alle 7.30 dalla Capanna Gnifetti; raggiungeremo il Cristo alle 10.30. A metà percorso incontriamo molte cordate che discendono dal Colle del Lys, ricacciati dalla bufera che rende anche molto scarsa la visibilità.

Ci orientiamo a fatica verso le rocce del Balmenhorn incrostate di ghiaccio e neve; sul lato nord-est abbiamo trovato la corda fissa e alcuni gradini da via ferrata collocati recentemente dalle guide di Alagna, per cui abbiamo superato agevolmente i circa dieci metri di dislivello dal ghiacciaio e ci siamo ritrovati ai piedi del Cristo tutto rivestito di un bianco camice di neve e ghiaccio, come fosse pronto per la celebrazione eucaristica che non è avvenuta all’aperto, ma dentro il bivacco “Felice Giordani” dove erano rinchiusi quattro giovani che avevano pernottato ed attendevano una schiarita per scendere; ci hanno salutati come mandati dal Padre Eterno: «Tutto era avvolto nella nebbia quando… siete arrivati dal nulla» mi ha scritto Giovanni Gamez; poi hanno preparato molto bene il tavolo per renderlo mensa eucaristica ed abbiamo celebrato e cantato la nostra messa di ringraziamento per questi trentotto anni di pellegrinaggi alla Madonna dei Ghiacciai e al Monte Rosa.

La nostra cordata al Cristo delle Vette

L’episodio evangelico si  presta anche per incoraggiare la nostra fede: anche noi siamo chiamati a procedere tra le tempeste e le bufere, la vita è sovente simile al pellegrinaggio di questa giornata, sentiamo di essere chiamati a salire in alto, ad andare oltre; è importante continuare a credere ed alimentare a tutti i costi e in tutti i modi la fede e la speranza; e Dio, che non ci può dimenticare, comparirà a dominare le tempeste e ci introdurrà in un rifugio sicuro dove celebrare il suo Amore e la sua gloria. Il Cristo delle Vette è particolarmente adatto a ricordarci questo Gesù che cammina con calma e autorità su tutte le tempeste, non solo del Monte Rosa, ma del mondo.

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