1977 – Fedeltà al 5 agosto
Venerdì 5 agosto 1977
Nel 10° anno, il venerdì 5 agosto 1977 abbiamo inaugurato il volume “Ai Caduti del Monte Rosa”, che custodiamo ai piedi della Madonnina durante l’estate e ritiriamo alla chiusura del Rifugio. Nel volume di 74 pagine sono stati raccolti 212 nomi, di cui 148 con fotografia e profilo; dei 148: 15 nomi sono di Guide Alpine e 10 di benemeriti della vita e animazione del Monte Rosa, perciò non sono Caduti della Montagna. Alcuni altri nomi (5-6) posti al fondo del Volume, sono di Caduti su altre montagne, ma che ebbero relazione forte col Monte Rosa o con gli organizzatori-animatori di questa celebrazione, perciò i Caduti reali sul Monte Rosa, secondo la nostra ricerca, che non è sicuramente completa, sono circa 180: il primo nome è della guida Giuseppe Chiara (caduto 1934), poi della guida Giacomo Chiara (caduto 1945), del portatore Oscar Ronco (caduto 1954), di Giovanni Pedrotti (caduto 1955), di Mario Barbonaglia e Marco Turcotti di Borgosesia (caduti 4-9-1955) e altri 15 prima del 1968, quando cominciammo via via ad occuparci dei Caduti del Monte Rosa.
Giungere a questa meta è stato quest’anno arduo e selettivo: chi è salito da Gressoney ha incontrato un buon strato di neve fin dal lago Gabiet ed è salito così di ben 1300 metri pestando tanta neve; qualcuno ha alleggerito l’impresa dividendola in due tappe e trascorrendo la notte al bivacco “Remo Passera” a circa 3000 metri.
Mai tanta neve come quest’anno, mai tanta fatica, ma anche mai tanta presenza di alpinisti se si esclude il giorno dell’inaugurazione di 10 anni fa; gli amici della cappella stanno aumentando, arrivano su provati, ma impugnano subito gli strumenti di lavoro.
La Cappella quest’anno sembra infossata in una trincea di neve, bisogna liberarla, non solo per avere un po’ di spazio in cui collocare gli alpinisti che non staranno all’interno, ma per dare respiro alla costruzione che ha bisogno, almeno una volta all’anno (nel pieno dell’estate) di asciugarsi e liberarsi dalla morsa del ghiaccio; finora si è conservata bene, intatta, ma va aiutata ogni anno a portare avanti la sua non facile resistenza su questa cresta espostissina alle bufere, col ghiacciaio che sempre è tentato di avvolgerla nel suo gelido pericoloso abbraccio.
Sul portone di ferro (che viene chiuso d’inverno) collochiamo la lastra metallica che reca inciso il “Cantico delle Creature” di S. Francesco; è stata un’idea del Terz’Ordine Francescano Piemontese per onorare il Santo nel 750° anno della sua morte. L’artistica celebre composizione è quanto mai a suo agio su questa balconata: osiamo pensare che nessun ambiente naturale tra i bellissimi che l’Italia possiede, sia più adatto di questo a lanciare il canto del Poverello di Assisi, così innamorato del Creato, così propenso a commuoversi di fronte alla sua bellezza e maestosità; chi sosterà davanti alla Cappella per ammirare gli immensi ghiacciai che scendono dal Rosa e le valli che si perdono lontano all’orizzonte nel dedalo di mille monti, sarà aiutato dal canto sacro ad una lettura meno superficiale di quanto ammirano i suoi occhi e a benedire con Francesco il Creatore e a sentirsi piccolo, umile, aperto ai fratelli e a tutte le creature.
Alle 12.30 inizia la Santa Messa, sono concelebranti una dozzina di sacerdoti attorno a don Riccardo Castellino, il più giovane di tutti: dieci anni fa era uno dei ragazzi che lavorarono alla costruzione della Cappella ed oggi ha la gioia di celebrarvi una delle sue prime Messe; gli alpinisti lo applaudono augurandogli di realizzare un ricco sacerdozio e di costruire il tempio vivente dello Spirito Santo che è l’uomo e di salvare tanti giovani (lui che come salesiano è chiamato a lavorare tra i giovani) dalla costruzione sbagliata della propria vita. Accanto a lui don Ambrogio Garegnani e don Pietro Rota festeggiano i loro 25 anni di sacerdozio: amanti come sono della montagna, non hanno trovato di meglio che celebrare quassù la loro festa; padre Natalino, dei Somaschi, dirige il canto; la chiesetta è gremita all’inverosimile, don Aldo Bombara, don Giovanni Tagliero, don Albino Demartini, don Diego Firrone, don Mario Cattanea, don Serafino Chiesa, don Angelo di Narzole e don Giuseppe Capra, i salesiani Ottavio Davico e Sebastiano Gennero e Enrico Bergadano.
Tra i partecipanti ci sono molti amici della Cappella che da dieci anni ripetono il 5 agosto questo pellegrinaggio; c’è lo sposo che ha scelto di sposarsi quassù nel 1970, Dante Poletti; Elena Zanetta ha recato da Lourdes due grossi ceri che così collegano la modesta nostra cappella con le maestose basiliche della città di Maria; altri piccoli ceri attorno alla Madonnina sono stati inviati da malati che invocano guarigione o da amici che non hanno la possibilità di essere presenti con noi alla festa.
Il nuovo sacerdote, guardando alla sua vita e scorgendovi tanti beni ricevuti dalla Divina Bontà, invita tutti ad unirsi al suo inno di ringraziamento e a cantare (come tanti Salmi ci insegnano) che Dio è bontà e misericordia. Giunti alle intenzioni delle preghiere dei fedeli si prega per don Aristide Vesco, per tutti i caduti della montagna che gli amici in questo momento vanno nominando, per le guide Remo Passera di Gressoney (caduto nel 1970 al Castore) e Felice Giordano di Alagna (caduto nel 1968 durante un soccorso) che dieci anni fa erano con noi a questa festa; si prega anche per l’architetto don Franco Delpiano che disegnò la chiesetta e a suo ricordo si colloca all’interno un piccolo quadro che lo riporta mentre dà il primo colpo di pala sulla lingua di ghiaccio che andrà rimossa per procurare lo spazio alla cappella.
Ricordiamo i Caduti del 1976: Giacomo Ferruzzi e Michele Mattasoglio, caduti il 19 settembre 1976 sulla Cresta Signal.
Il 22 agosto, la sorpresa di un nuovo matrimonio d’alta quota: a benedirlo è don Edmondo Brunod di Ayas, gli sposi Lorenza Colle e Orazio Maresca, chierichetto Massimo Colle, testimoni Donatella Colle e Adriano Favre, fotografo Alfredo Favre.
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